venerdì 16 marzo 2012

Stigmate, la recensione

Regia: Rupert Wainwright 
Cast: Patricia Arquette, Gabriel Byrne, Jonathan Pryce, Nia Long, Rade Serbedzija, Enrico Colantoni, Dick Latessa, Portia de Rossi, Patrick Muldoon, Ann Cusack 
Durata: 1h 43m 
Anno: 1999 

Non soltanto il Demonio può impossessarsi del nostro corpo. Certe volte anche l’intervento divino o presunto tale può manifestarsi come una vera e propria condanna, da debellare prima che porti ad orribili conseguenze. 
Proprio di questo parla Stigmate, pellicola diretta nel 1999 da Rupert Wainwright e con protagonista Patricia Arquette, che interpreta il ruolo di una donna atea che, da un giorno all’altro, si ritrova sul corpo i segni della passione di Gesù Cristo. Tutto sembra essere collegato ad un mistero ben più profondo e pericoloso, soprattutto per il Vaticano, che cerca di tenerlo nascosto da anni. 
Con l’aiuto di un prete (Gabriel Byrne), mandato per indagare sull’accaduto, la giovane cercherà di venire a capo di questa vicenda e soprattutto di uscirne viva. 


Stigmate riprende quelle idee che, grazie anche al grande successo di opere come Il Codice Da Vinci, sono andate particolarmente di moda qualche anno fa. Si tratta di teorie mai confermate, secondo le quali nel corso dei secoli la Chiesa avrebbe tenuto nascoste, per un interesse esclusivamente personale, molte verità riguardanti le sue origini e la figura dello stesso messia. 
Nella mani di Rupert Wainwright questo materiale diventa sicuramente affascinante dal punto di vista visivo, questo grazie anche ad una serie di trovate registiche che, sfruttando i numerosi interventi mistici presenti nella storia, riescono a colpire nel segno risultando inquietanti e affascinanti al tempo stesso. Peccato che non si possa dire lo stesso della trama, sviluppata sì, ma non a dovere. Stigmate tende più che altro a toccare la superficie delle cose, rimanendo freddo, distaccato e, conseguentemente, facendo poca presa sullo spettatore, che si ritrova trasportato all’interno di questo vortice religioso che cita L’Esorcista sul finale, senza però mantenere lo stesso fascino. 

Troppo patinata e fredda, quest’opera sembra più interessata a colpire l’occhio di chi guarda. Ci riesce indubbiamente e questo grazie anche all’interpretazione della protagonista Patricia Arquette. Ma purtroppo non lascia altro.

Pubblicato su ScreenWEEK

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