Quanto conosciamo realmente dell’Afghanistan? Forse molto poco. In verità si tratta di uno stato diverso dagli stereotipi che i media hanno contribuito a creare nell’immaginario occidentale e che, soprattutto, sta cercando di recuperare gran parte del “tempo perduto”.
È questo quello che vuole farci capire Valentina Monti con il suo Girls on the air, un documentario che cerca di mettere in evidenza un nascente fermento che, come ogni seme piantato con amore, sta dando i suoi splendidi frutti. Simbolo di tutto questo è la giovane Humaira Habib, giornalista e manager di Radio Sahar, la prima radio comunitaria e indipendente, nata dopo la caduta del regime talebano, diretta e gestita da donne e che trasmette dalla città di Herat, vicino al confine tra Afghanistan ed Iran.
Gli intenti della regista, che grazie a quest’opera è riuscita ad ottenere molti consensi in giro per il mondo, sono molto chiari: “Vorrei che Girls On The Air provocasse una riflessione, stimolasse domande sul significato di libertà di espressione, liberta di informazione e democrazia. In Afghanistan ho dovuto veramente ascoltare e fare un passo indietro rispetto a quello in cui ho sempre creduto; Humaira un giorno mi ha detto che democrazia non è una parola della lingua afghana, ma bensì una parola straniera, facendomi riflettere che forse anche il nostro modello occidentale di democrazia, se non compreso, diventa immediatamente una imposizione”.
Questo film però non vuole certo soffermarsi sul significato delle parole, ma sulla loro potenza. Non dobbiamo infatti dimenticare che al centro di tutto c’è proprio una radio e quel piccolo gruppo di persone che la gestisce: “Humaira e le sue colleghe, che lottano ogni giorni per i loro diritti e per i diritti delle donne e degli uomini dell’Afghanistan, mi hanno lasciato generosamente entrare nel loro mondo, dove ho scoperto un forte senso dell’ironia, il loro impegno culturale e sociale, i loro dubbi e il loro modo di vivere la complessità di un paese, l’Afghanistan, continuamente in bilico tra modernità e tradizione, paradosso e aspirazioni, lotta per i sogni e la libertà”.
Girls on the air è dunque tutto questo, un film che riflette sulla voglia di risollevarsi, di andare contro ogni barriera, credendo nel proprio lavoro e nelle proprie capacità. Un messaggio che Valentina Monti riesce a mandare con il minimo sforzo. Le basta semplicemente seguire queste donne, facendo in modo che le loro voci si espandano al di fuori del confine afghano. Il resto va da sé.
È questo quello che vuole farci capire Valentina Monti con il suo Girls on the air, un documentario che cerca di mettere in evidenza un nascente fermento che, come ogni seme piantato con amore, sta dando i suoi splendidi frutti. Simbolo di tutto questo è la giovane Humaira Habib, giornalista e manager di Radio Sahar, la prima radio comunitaria e indipendente, nata dopo la caduta del regime talebano, diretta e gestita da donne e che trasmette dalla città di Herat, vicino al confine tra Afghanistan ed Iran.
Gli intenti della regista, che grazie a quest’opera è riuscita ad ottenere molti consensi in giro per il mondo, sono molto chiari: “Vorrei che Girls On The Air provocasse una riflessione, stimolasse domande sul significato di libertà di espressione, liberta di informazione e democrazia. In Afghanistan ho dovuto veramente ascoltare e fare un passo indietro rispetto a quello in cui ho sempre creduto; Humaira un giorno mi ha detto che democrazia non è una parola della lingua afghana, ma bensì una parola straniera, facendomi riflettere che forse anche il nostro modello occidentale di democrazia, se non compreso, diventa immediatamente una imposizione”.
Questo film però non vuole certo soffermarsi sul significato delle parole, ma sulla loro potenza. Non dobbiamo infatti dimenticare che al centro di tutto c’è proprio una radio e quel piccolo gruppo di persone che la gestisce: “Humaira e le sue colleghe, che lottano ogni giorni per i loro diritti e per i diritti delle donne e degli uomini dell’Afghanistan, mi hanno lasciato generosamente entrare nel loro mondo, dove ho scoperto un forte senso dell’ironia, il loro impegno culturale e sociale, i loro dubbi e il loro modo di vivere la complessità di un paese, l’Afghanistan, continuamente in bilico tra modernità e tradizione, paradosso e aspirazioni, lotta per i sogni e la libertà”.
Girls on the air è dunque tutto questo, un film che riflette sulla voglia di risollevarsi, di andare contro ogni barriera, credendo nel proprio lavoro e nelle proprie capacità. Un messaggio che Valentina Monti riesce a mandare con il minimo sforzo. Le basta semplicemente seguire queste donne, facendo in modo che le loro voci si espandano al di fuori del confine afghano. Il resto va da sé.
Pubblicato su ScreenWEEK
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