lunedì 28 marzo 2011

Kick-Ass

Kick-Ass (2010, regia Matthew Vaughn)



Quando ci si trova di fronte a decisioni come questa, il comportamento più corretto è quello di fare buon viso a cattivo gioco, magari aggiungendoci anche un bel “meglio tardi che mai”. Kick-Ass, film diretto da Matthew Vaughn e ispirato all’omonima graphic novel ideata da Mark Millar e disegnata da John Romita Jr., arriva finalmente nelle nostre sale, a quasi un anno di distanza dall’uscita americana. Risparmiamo i soliti discorsi riguardanti il fatto che, ormai, chiunque fosse stato interessato a vederlo l’ha sicuramente già fatto e cerchiamo di concentrarci su quella che a tutti gli effetti si presenta come una pellicola godibilissima, che meritava un sacrosanto passaggio sul grande schermo anche da noi e che finalmente è riuscita ad averlo.

Kick-Ass racconta la storia di Dave Lizewski (Aaron Johnson), un giovane ragazzo come tanti altri, che un giorno decide di diventare un supereroe (chiamato appunto Kick-Ass). Dave non ha super poteri, tantomeno una tecnologia tale da renderlo invicibile. È semplicemente uno studente di liceo, determinato a porre fine a tutte quelle ingiustizie che dominano nel nostro mondo. Armato di tanta buona volontà il suo Kick-Ass riesce presto a diventare un fenomeno mediatico e ad attirare l’attenzione del duo padre/figlia Big Daddy (Nicolas Cage) e Hit Girl (Chloë Moretz), anche loro paladini della giustizia, finendo nel mirino del mafioso Frank D’Amico (Mark Strong).

Svelata in parte la storia, è arrivato il momento di parlare del film. Quella diretta da Matthew Vaughn è una pellicola in grado di premere contemporaneamente l’acceleratore su più versanti emotivi, senza mai essere fuori luogo. La cosa risulta singolare se si tiene conto della forte componente grottesca presente nella storia, ma si tratta di uno “strano” indubbiamente affascinante. Kick-Ass è infatti un titolo che diverte quando deve divertire, che risulta avvincente quando la trama lo richiede e che addirittura riesce a commuovere, facendo leva su di un sentimentalismo mai inopportuno o tantomeno eccessivo. Il tutto è immerso in una dimensione fortemente stilizzata e sopra le righe, che riesce benissimo a sdrammatizzare l’eccessiva violenza di alcune scene (a quanto pare una delle principali cause di questo ritardo sulla tabella di marcia, ma, come dire, basta dare un’occhiata ad alcune recenti produzioni nostrane per trovare scandali ben più peggiori).

A rendere ancora più convincente quest’opera ci pensa un cast più in forma che mai e decisamente azzeccato, a cominciare dal protagonista Aaron Johnson. Perfetto Nicolas Cage nel ruolo di Big Daddy e ancora più convincente la sua piccola spalla Chloë Moretz, astro nascente (ma già più che affermato) di una nuova Hollywood in miniatura.

Pubblicato su ScreenWEEK

4 commenti:

Noodles ha detto...

l'aspetto che trovo più interessante è la commistione - apparentemente impossibile - tra l'ironia del film e la sua violenza (non solo e non tanto visiva, ma proprio morale). C'è una bambina assassina a sangue freddo, eppure il racconto la ingloba tranquillamente senza farne un semplice spuntone per shockare.

Forse è uno dei motivi per cui questa falsa bigotta Italia ha impiegato tanto a distribuirlo?

FiliÞþØ ha detto...

Guarda, io non penso che sia uno dei motivi... penso che sia IL MOTIVO! ;)

Anonimo ha detto...

Non vedo l'ora, a giorni lo vedrò. Certo che non riesco a credere che Cage sia stato convincente...

Ale55andra

FiliÞþØ ha detto...

Anch'io non ho una buona considerazione di Nicolas Cage. Fondamentalmente è un caratterista, la riuscita di ogni sua interpretazione è direttamente proporzionale al ruolo che gli affidano. In questo caso il risultato è convincente però...

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