domenica 11 marzo 2012

L'Esorciccio, la recensione

Regia: Ciccio Ingrassia 
Cast: Lino Banfi, Ciccio Ingrassia, Didi Perego, Ubaldo Lay, Tano Cimarosa, Mimmo Baldi, Luigi Bonos, Salvatore Baccaro, Ada Pometti 
Durata: 1h 35m 
Anno: 1975 

Se da un lato L’Esorcista ha avuto un sequel/parodia americano (di cui ho parlato qui), è anche vero che esiste una controparte comica tutta italiana, considerata dagli estimatori una vera e propria perla del cinema di genere degli anni ’70. Diretto nel 1975 da Ciccio Ingrassia, durante quel periodo di crisi che aveva dato vita ad un tira e molla con il suo storico compagno d’arte Franco Franchi, L’Esorciccio si può considerare un B-Movie a tutti gli effetti per storia, protagonisti e budget irrisorio utilizzato per realizzare il tutto. 
Si tratta della seconda regia di Ciccio Ingrassia dopo Paolo il freddo (altra parodia, in questo caso di Paolo il Caldo) ed è anche rimasta l’ultima, questo a causa dello scarso successo riscontrato dalla pellicola al tempo della sua uscita. 



In realtà questo titolo presenta pochissimi punti di contatto con l’opera di William Friedkin, riscontrabili principalmente nell’introduzione e, ovviamente, nella scena dell’esorcismo in questione. Più che altro si tratta di una sgangherata raccolta di sketch più o meno comici, conditi da citazioni sparse qua e là e affidati all’istrionismo di un protagonista, Lino Banfi, che qui ci offre un’enfatizzazione di tutti quelle caratteristiche che hanno reso particolarmente celebri i suoi personaggi. Attorno a lui altri caratteristi dell’epoca come Ubaldo Lay (che qui veste nuovamente i panni di quel tenente Sheridan che tanto aveva contribuito a renderlo famoso), Tano Cimarosa, Mimmo Baldi, Dante Cleri, l’immancabile Jimmy il Fenomeno e Salvatore Baccaro, che pur apparendo per pochi secondi riesce a lasciare il segno interpretando la baffuta madre di Satanetto, aiutante dell’Esorciccio. 

 Il film rappresenta tutt’oggi uno degli emblemi di quel cinema che si è realizzato in Italia durante gli anni ’70, ed è stato citato in più di un’occasione all’interno di altre opere, come ad esempio La sindrome di Stendhal di Dario Argento. Ma forse l’omaggio più importante gli è stato fatto da Luciano Salce nel 1976, che nel suo Il secondo tragico Fantozzi, l’ha fatto diventare, insieme a Giovannona Coscialunga e La polizia s’incazza, la perfetta testimonianza di un intrattenimento libero dalla pesantezza di un certo cinema “colto” e, soprattutto, popolare nel senso più puro che questo termine può avere.

Pubblicato su ScreenWEEK

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