lunedì 22 agosto 2011

Cocapop, la recensione

Regia: Pasquale Pozzessere 
Cast: Lisa Gastoni, David Sebasti, Anita Caprioli, Stefano Dionisi, Michelle Carpente 
Durata: 1h 28m 
Anno: 2010 

All’interno dello stesso appartamento e in archi temporali non specificati, che potrebbero benissimo sovrapporsi, si svolgono tre storie che hanno come comune denominatore il consumo di droga, nello specifico cocaina: una donna (Lisa Gastoni) scopre per caso che il marito settantenne (Arnaldo Ninchi) fa uso di stupefacenti; un ragazzo (Stefano Masciolini) dedito all’uso della cocaina causa più di una preoccupazione ai suoi giovani genitori (Anita Caprioli e Stefano Dionisi); una giovane donna in dolce attesa (Anita Caprioli) deve fare i conti con le conseguenze della sua dipendenza. 


Si parla molto di cocaina, spesso collegata a film d’azione, inchieste o documentari. Io ho voluto analizzarla nella sua solitudine,nel suo rapporto privato con il fruitore di cui spesso diventa l’amante segreta prescindendo dalla vita sociale dei protagonisti che pure esiste”. Queste parole, dette dal regista Pasquale Pozzessere, esprimono alla perfezione gli intenti di un lungometraggio come Cocapop. Un’opera indubbiamente suggestiva, scandita attraverso tre episodi che, vista l’ambientazione unica e l’uso in alcuni casi degli stessi interpreti, cercano di ricordarci quanto quell’universo, che molto spesso vediamo solo all’interno di quel confine delimitato dal grande schermo, sia in realtà più comune e vicino di quanto si possa pensare. 

Per farlo il regista ha deciso di presentarci storie differenti e al tempo stesso uguali, che, sebbene sfiorino in più di un momento tematiche e atmosfere che si potrebbero benissimo definire televisive (o peggio ancora da fiction), riescono a centrare l’obiettivo. I limiti di questa pellicola sono identificabili in quelle “carenze” tipiche di tutte le produzioni a basso budget, compensati però da una ruvidezza e da una volontà di spiattellare i fatti così come sono (con tanto di un nudo integrale di Anita Caprioli, che sembra volerci riproporre quella fragilità mista a sottomissione mostrata da Isabella Rossellini in Velluto Blu) che riescono benissimo ad innalzarne il livello. 

A questo si unisce la scelta di allontanare l’uso della cocaina, perno attorno al quale ruota l’interno lungometraggio, da qualsiasi estetizzazione, facendo diventare l’atto dello “sniffare” un gesto vuoto e privo di senso. Come è giusto che sia.

Pubblicato su ScreenWEEK

1 commento:

Ho un dolcetto, entra. ha detto...

Sembra assai interessante, ottima segnalazione.

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