sabato 16 luglio 2011

Bitch Slap – Le superdotate, la recensione

Regia: Rick Jacobson
Cast: Julia Voth, Erin Cummings, America Olivo, Renée O’Connor, Zoe Bell, Minae Noji, Ron Melendez, Kevin Sorbo
Durata: 1h 49m
Anno: 2010

Trixie (Julia Voth), Camero (America Olivo) e Hel (Erin Cummings) sono tre sensuali e procaci ragazze che si ritrovano coinvolte in un brutto affare. Solo nel deserto del Mojave, questo trio sta cercando il tesoro nascosto dal malvagio e misterioso Pink. Con loro c’è anche il viscido Gage (Michael Hurst), rapito e torturato in cerca di qualche indizio utile che possa condurle vesto il tesoro. L’arrivo di un poliziotto e di altra gente poco raccomandabile contribuirà a far precipitare ulteriormente la situazione.


Quentin Tarantino e Robert Rodriguez qualche danno l’hanno fatto. Magari non proprio direttamente, ma la loro recente “operazione revival”, incentrata sulla rivalutazione e sullo svecchiamento – con conseguente virata sul cool – del vecchio cinema borderline ha dato via ad una vera e propria mania che, abbinata a quel “sonno della ragione” che sembra aver contaminato il cinema contemporaneo da un po’ di tempo a questa parte, ha generato dei veri e propri mostri.
Ed è proprio qui che si inserisce questo Bitch Slap – Le Superdotate, pellicola diretta da Rick Jacobson (il cui curriculum conta una manciata di episodi di serie televisive come Xena – Principessa guerriera e Hercules) che, perlomeno sulla carta, si presenta come un omaggio al cinema exploitation e, in particolar modo, a quel Faster, Pussycat! Kill! Kill!, diretto da quel geniaccio (in)compreso di Russ Meyer, di cui lo stesso Quentin Tarantino ha più volte annunciato di volerne realizzare un remake/omaggio. Qualcuno l’ha preceduto, purtroppo, e nel farlo ha deciso di mettere così tanta carne al fuoco da comprometterne irrimediabilmente il risultato.

Il film diretto da Rick Jacobson, infatti, abusa in maniera eccessiva di qualsiasi cosa possa essere identificata come stile, dimostrando una carenza di idee, unita ad una messa in scena pacchiana, in grado di stufare dopo soli dieci minuti.
Split screen, rallenti (seguiti da altrettante accelerazioni), fondali volutamente finti inseriti con l’uso del green screen, salti temporali, pessima grafica digitale e un uso del grottesco che supera spesso e volentieri il confine del ridicolo. Nulla manca all’interno di questa storia, svenduto un tanto al chilo all’insegna del “melius abundare”. Il risultato, ovviamente, è tutt’altro che “fico”, sebbene l’intento sia dichiaratamente quello.
Bitch Slap sbaglia ogni cosa e, nonostante si culli del fatto che ogni sua mancanza possa essere identificata come “licenza poetica”, non riesce a prendere in giro nessuno.

Non basta certo qualche donna popputa e qualche parentesi soft-core a fare un omaggio. Specialmente nei confronti di chi, per sua stessa ammissione, attorno alle tette ci aveva creato un’intera filmografia.

Pubblicato su ScreenWEEK

2 commenti:

cooksappe ha detto...

lo recupero al volo!! :D

Anonimo ha detto...

So già che farà abbondantemente schifo, ma anche non riuscirò a resistergli! A giorni penso che lo recupererò insieme a molti altri film che, ahimè, per mancanza di tempo ho lasciato indietro.

Ale55andra

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