lunedì 2 maggio 2011

Fall-Out

Regia: Daria de Benedetti, Francesca Politano
Cast: Vladimir S.Ageyets, Lindmila Ivanorna Ignatenko, Vladimir Skoblkov, Vladimir Dancenko, Yuri Kusmic, Victor Rudenka, Anna Nicolai Brobignova, Alexander Leonidorich
Durata: 51m
Anno: 2010

In una situazioni come questa è proprio il caso di dire che certe opere “cadono a fagiolo”. Ora che è ancora aperta (e più che mai sanguinante) la ferita provocata dal disastro della centrale nucleare di Fukushima e che in Italia non si fa altro che discutere sulla possibilità di un “nucleare sicuro” (come se i due termini potessero sul serio andare d’accordo) è più che opportuno guardare indietro, cercando di constatare cosa è cambiato o rimasto da quel 26 aprile del 1986, giorno in cui il reattore n. 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, in Ucraina, è esploso a causa di un esperimento condotto in modo irresponsabile dai tecnici in servizio.

Fall-Out, il documentario/reportage diretto da Daria de Benedetti e Francesca Politano, cerca appunto di fare il punto della situazione, tornando sul luogo della catastrofe e ascoltando le voci di quelle persone direttamente coinvolte – ed è proprio il caso di dire loro malgrado – in questo triste evento.
Il messaggio che quest’opera vuole lanciare è sicuramente molto chiaro: “Le radiazioni non si vedono, non si toccano, non hanno odore ma le loro conseguenze sulle condizioni sanitarie, economiche e sociali di 10 milioni di persone rimangono e rimarranno per molti anni attualità“.
È così che d’avanti all’obiettivo si alternano numerosi volti e numerose voci, come quella del Dr. Vladimir S.Ageyets, direttore dell’Istituto Repubblicano di Ricerca sulla Radioattività, o di Lindmila Ivanorna Ignatenko, sorella di uno dei vigili del fuoco intervenuti la notte del disastro e deceduti pochi giorni dopo a causa delle emissioni radioattive.

Il registro stilistico adottato, ricco di sbavature, passaggi graduali dal bianco e nero al colore, è sicuramente affascinante, come anche il criterio di narrazione, che non si è avvalso di una pianificazione del lavoro, preferendo cogliere il momento e lasciando parlare (letteralmente) le immagini, che sono state montate seguendo un ordine finalizzato al discorso e non cronologico. A questo si unisce la saggia decisione di aver lasciato ogni facile sensazionalismo da parte, nonostante l’argomento potesse offrire più di un facile spunto, limitandosi a mostrare un orrore latente, ma altrettanto incisivo.

Speriamo che il messaggio venga recepito da più parti, perché andare avanti (sbagliando) è sempre possibile. Tornare indietro no.

Pubblicato su ScreenWEEK

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