sabato 21 maggio 2011

Almost Married

Regia: Sergio Fergnachino, Fatma Bucak
Durata: 1h
Anno: 2010

In un periodo in cui i matrimoni (soprattutto se Reali) sembrano aver catalizzato l’attenzione di tutto il mondo, è sempre bello vedere come, nel loro piccolo, ci siano altre piccole storie parallele, forse meno “importati”, ma indubbiamente più affascinati.

Una di queste è quella di Fatma, una ragazza turca di 25 anni. Per vivere una vita indipendente, lontana dalle costrizioni della sua famiglia e di suo padre, è scappata in Italia, dove ha cominciato a lavorare come fotografa e si è innamorata di Davide, con il quale convive felicemente. Una cosa difficile da dire alla famiglia, soprattutto al padre, che crede ancora moltissimo nel valore delle tradizioni. Ma Fatma ha deciso: tornerà ad Istanbul ed affronterà suo padre dicendogli tutta la verità. Attraverso il suo viaggio ci consente di addentrarci all’interno dell’universo femminile della Turchia contemporanea, vivendo in diretta lo scontro tra due generazioni, in lotta tra modernità e tradizione. Nel frattempo Davide e la sua famiglia arrivano a Istanbul per conoscere I futuri suoceri.


Risulta difficile, dopo aver letto la trama e aver visto il film, credere che Almost Married sia un solo un “semplice” documentario. La sua storia potrebbe infatti andare benissimo per uno di quei lungometraggi indipendenti che riempiono i programmi della miriade di festival a tema sparsi per il globo, quelli che per intenderci parlano di piccole storie dense di significato. Ed è forse questo uno dei principali punti a favore del lungometraggio diretto da Fatma Bucak e Sergio Fergnachino, l’essere appassionante ed evolversi come una splendida storia d’amore e di scoperta reciproca (quella tra la protagonista Fatma e suo padre), conducendoci all’interno di un mondo che è contemporaneamente distante e vicino al nostro e mostrandoci i lati oscuri di certe tradizioni che, purtroppo, sembrano dure a morire.

Almost Married è un film delicato, ma non per questo meno profondo di altre opere più dure, girato con un gusto per il dettaglio non indifferente e, soprattutto, in grado di ricordarci che le grandi storie (non solo) d’amore possono far parte di ognuno di noi. La cosa non può che fare piacere, perché, almeno per una volta, si esce dalla sala con la consapevolezza che gli “happy ending” esistono anche nella vita reale.

Pubblicato su ScreenWEEK

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