venerdì 30 luglio 2010

Pandorum

Pandorum – l’Universo Parallelo (2009, regia Christian Alvart)



Gli astronauti Payton e Bower si risvegliano a bordo di un’astronave apparentemente abbandonata, senza ricordare chi sono e perché si trovano lì. Mentre i ricordi riaffiorano i due apprendono di non essere soli. Qualcosa a bordo di quel veicolo sta dando loro la caccia. Nel frattempo, Bower scopre la presenza di altri due astronauti, anche loro intrappolati nello stesso incubo. Insieme i quattro lotteranno per restare in vita, scoprendo che la loro sopravvivenza è molto più importante di quanto avrebbero mai potuto immaginare.

Pandorum arriva in Italia il 6 agosto, a quasi un anno di distanza dall’uscita originale e dopo che nel web gira ormai da secoli. Sarete d’accordo con me nel dire che non possiede certo i presupposti per diventare un blockbuster, il che è un vero peccato, perché il film diretto da Christian Alvart, nonostante da più parti se ne sia parlato in maniera piuttosto negativa, possiede molte caratteristiche che lo rendono un ottimo prodotto di genere.
Tra queste non c’è sicuramente l’originalità, ci troviamo infatti di fronte ad un’opera che attinge a più mani da titoli di culto come Alien e Punto di non ritorno (senza tralasciare alcuni rimandi a The Descent e Fantasmi da Marte), ma vista la “mania revival” che ultimamente sembra aver invaso il grande schermo, è abbastanza inutile parlare di quello che ogni regista decide di prendere in presto (per non dire altro) dalla cinematografia passata.

Se si sente il bisogno di fare citazioni l’importante è farle nel modo più appropriato e, soprattutto dal punto di vista della messa in scena, Pandorum ci riesce benissimo, regalandoci un film che vive di atmosfere claustrofobiche e ricche di tensione (non solo) emotiva. Belle le scenografie, che rimandano a quelle usate da Ridley Scott per il suo Alien, bene orchestrate le scene d’azione e di combattimento, nonostante l’uso massiccio delle tonalità scure le renda in alcuni momenti di difficile comprensione, e bravi gli interpreti, Dennis Quaid su tutti.
Purtroppo questa veste, perfetta nella sua essenza vintage, risente di una storia troppo ingarbugliata, che tocca gli ambiti più svariati (si va dal misticismo all’ambientalismo, facendo una breve sosta anche all’interno delle turbe psichiche) senza risultare realmente incisiva.
Insomma, più che altro ci troviamo di fronte ad un titolo che potrebbe benissimo fare la gioia degli appassionati di genere, purché disposti a chiudere un occhio sul fatto che gran parte di quello che viene mostrato è un immenso “già visto”. Inutile dire che io sono tra questi.

Pubblicato su ScreenWEEK

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono davvero curiosa devo dire.

Ale55andra

Luciano ha detto...

Mi rendo conto che il fim non deve essere niente di eccezionale, ma mi attrae molto.

E. Moidil ha detto...

Troppa, troppa, troppa carne al fuoco.

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