È possibile guardare Freddy vs. Jason attraverso due punti di vista, entrambi validi. Il primo è quello di ogni appassionato di film horror, che al solo sentire nominare un titolo simile non sta più nella pelle. Il secondo è quello di chi non gradisce più di tanto il genere e soprattutto non capisce l’eccitazione del suo “collega” appassionato. È bene sapere che il sottoscritto fa parte del primo gruppo.
La scena bene o male è questa: da un lato c’è un uomo orribilmente sfigurato, con un maglione logoro a righe, un cappellaccio calato in testa e un guanto artigliato. Dall’altro un ragazzone che non è mai stato il più bello della classe, maschera da Hockey a coprire un viso poco gradevole e un machete grosso quanto un elefante tra le mani. In due parole Freddy Krueger e Jason Voorhees, due tra le più grandi icone horror che aspettano solo il suono del gong per cominciare a darsele di santa ragione. Praticamente già cult prima ancora che cominci la proiezione.
L’idea di un crossover tra la saga di Nightmare e quella di Venerdì 13 esisteva dal lontano 1993, anno di uscita di Jason va all’Inferno. Alla fine del film infatti si vede l’inconfondibile mano di Freddy trascinare sotto terra la maschera di Jason (una cosa che alla maggior parte di voi non dirà niente, ma che è riuscita a far gridare ai fan frasi del tipo “Siiiiii! E vaaai!”). Dopo varie riscritture e rimaneggiamenti ecco che il film arriva – diretto dal cinese Ronny Yu – e con un incasso che supera di gran lunga i cento milioni di dollari si piazza tra i capitoli di A Nightmare on Elm Street più prolifici.
Questo non vuol dire che il film sia un capolavoro, anzi, è l’esatto contrario. La storia non regge in più punti, è piena di buchi e momenti che definire imbarazzanti sarebbe un eufemismo. Ma parliamoci in maniera chiara, qualcuno può sul serio vedere un film del genere convinto di trovare una trama plausibile?
Da questo punto di vista non possiamo fare altro che constatare la “buona riuscita” di un titolo che vive proprio dei suoi limiti e che non pretende nient’altro che regalare un po’ di svago a tutti i fanatici di cinema di genere.
La storia è molto semplice: Freddy è ormai morto e sepolto, ma il suo demone è ancora inquieto. Il nostro amico ha bisogno che la gente creda in lui per potere tornare ad uccidere, se nessuno lo teme non può esistere e sembra proprio che i cittadini di Springwood e dintorni l’abbiano dimenticato definitivamente. Ecco che arriva il lampo di genio: risvegliare l’immortale Jason Voorhees e mandarlo in giro ad uccidere quel tanto che basta a risvegliare nella gente il suo ricordo e soprattutto il timore del suo guanto artigliato. Ma Jason non è certo un tipo che si fa comandare a bacchetta e questo “rapporto professionale” si trasforma presto in uno scontro tra titani.
Il resto procede tra uccisioni in puro stile slasher, che conducono al tanto atteso finale. Robert Englund, in forma come sempre, ci regala la sua ultima interpretazione, riproponendoci un Freddy decisamente old school. Jason è lento e inarrestabile come sempre. I giovani (e odiosi) teenager possono dormire o rimanere svegli, tanto muoiono lo stesso. Si poteva fare decisamente meglio, ma possiamo accontentarci.
Con questo capitolo l’incubo si conclude, ma solo per ricominciare all’insegna del remake…
La scena bene o male è questa: da un lato c’è un uomo orribilmente sfigurato, con un maglione logoro a righe, un cappellaccio calato in testa e un guanto artigliato. Dall’altro un ragazzone che non è mai stato il più bello della classe, maschera da Hockey a coprire un viso poco gradevole e un machete grosso quanto un elefante tra le mani. In due parole Freddy Krueger e Jason Voorhees, due tra le più grandi icone horror che aspettano solo il suono del gong per cominciare a darsele di santa ragione. Praticamente già cult prima ancora che cominci la proiezione.
L’idea di un crossover tra la saga di Nightmare e quella di Venerdì 13 esisteva dal lontano 1993, anno di uscita di Jason va all’Inferno. Alla fine del film infatti si vede l’inconfondibile mano di Freddy trascinare sotto terra la maschera di Jason (una cosa che alla maggior parte di voi non dirà niente, ma che è riuscita a far gridare ai fan frasi del tipo “Siiiiii! E vaaai!”). Dopo varie riscritture e rimaneggiamenti ecco che il film arriva – diretto dal cinese Ronny Yu – e con un incasso che supera di gran lunga i cento milioni di dollari si piazza tra i capitoli di A Nightmare on Elm Street più prolifici.
Questo non vuol dire che il film sia un capolavoro, anzi, è l’esatto contrario. La storia non regge in più punti, è piena di buchi e momenti che definire imbarazzanti sarebbe un eufemismo. Ma parliamoci in maniera chiara, qualcuno può sul serio vedere un film del genere convinto di trovare una trama plausibile?
Da questo punto di vista non possiamo fare altro che constatare la “buona riuscita” di un titolo che vive proprio dei suoi limiti e che non pretende nient’altro che regalare un po’ di svago a tutti i fanatici di cinema di genere.
La storia è molto semplice: Freddy è ormai morto e sepolto, ma il suo demone è ancora inquieto. Il nostro amico ha bisogno che la gente creda in lui per potere tornare ad uccidere, se nessuno lo teme non può esistere e sembra proprio che i cittadini di Springwood e dintorni l’abbiano dimenticato definitivamente. Ecco che arriva il lampo di genio: risvegliare l’immortale Jason Voorhees e mandarlo in giro ad uccidere quel tanto che basta a risvegliare nella gente il suo ricordo e soprattutto il timore del suo guanto artigliato. Ma Jason non è certo un tipo che si fa comandare a bacchetta e questo “rapporto professionale” si trasforma presto in uno scontro tra titani.
Il resto procede tra uccisioni in puro stile slasher, che conducono al tanto atteso finale. Robert Englund, in forma come sempre, ci regala la sua ultima interpretazione, riproponendoci un Freddy decisamente old school. Jason è lento e inarrestabile come sempre. I giovani (e odiosi) teenager possono dormire o rimanere svegli, tanto muoiono lo stesso. Si poteva fare decisamente meglio, ma possiamo accontentarci.
Con questo capitolo l’incubo si conclude, ma solo per ricominciare all’insegna del remake…
Pubblicato su ScreenWEEK
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