Dopo un secondo capitolo a dir poco deludente la strada intrapresa da Freddy Krueger sembrava condurre verso una meta in linea con i più banali franchise cinematografici. Gli incassi del film non lasciavano spazio a dubbi: un sequel andava fatto e anche al più presto. Aspettarsi poco era lecito, eppure, a dispetto di ogni pronostico, Nightmare III: i guerrieri del sogno è riuscito a rivelarsi come uno dei capitoli più riusciti della saga.
Le ragioni sono molte, prima fra tutte il ritorno di Wes Craven, questa volta come sceneggiatore (in collaborazione con un gruppo di scrittori tra cui figura anche Frank Darabont), quasi sicuramente dettato dalla volontà di restituire dignità alla sua creazione. Tra le prime idee, subito scartate, c’era quella di far piombare Freddy nel mondo reale, scegliendo come vittime un gruppo di attori impegnati a girare l’ennesimo sequel di A nightmare on Elm Street. Uno plot all’insegna del metacinema, che Craven riprenderà successivamente per il suo Nuovo incubo, ma che la produzione non ha gradito.
Nightmare III, come i primi film della saga e i successivi, racconta di un gruppo di giovani – in questo caso ricoverati una clinica psichiatrica – tormentati da terribili incubi che hanno come protagonista lo stesso uomo sfigurato. Ad aiutarli arriva la rediviva Nancy Thompson (Heather Langenkamp), che conosce bene quest’uomo e sa come combatterlo. Da questo punto di vista non c’è niente di nuovo, ma cerchiamo di capire perché questo lungometraggio viene considerato un tassello fondamentale nell’evoluzione di questo mondo.
È con questo film che si comincia a delineare la figura del serial killer interpretato da Robert Englund. Un percorso che progressivamente, con il passare degli anni, riuscirà a dargli una vera e propria identità, fornendo informazioni sul suo passato. È qui che viene infatti presentata agli spettatori sua madre, Amanda Krueger, una suora rimasta incinta in seguito ad una violenza sessuale.
Ed è sempre grazie a questa storia che comincia l’evoluzione personale di Freddy, sempre meno oscuro e sempre più “rock star”, intento ad esibirsi in una serie di uccisioni oniriche particolarmente spettacolari, che sfruttano le paure inconsce e le ossessioni di ogni vittima. Non si tratta più di semplici omicidi infatti, ma di vere e proprie catarsi che ogni personaggio deve raggiungere per poter sopravvivere.
Il desiderio di Wes Craven era di chiudere il cerchio con questa storia, ma come sappiamo le cose sono andate in maniera diversa. L’assassino artigliato non aveva ancora intenzione di abbandonare i sogni dei giovani adolescenti di Springwood. Da questo momento, fino al quinto capitolo, si delinea quella che si può definire a tutti gli effetti una “saga nella saga”, che vede di volta in volta i superstiti di una storia tornare nella successiva. Ma questo è un altro incubo…
Le ragioni sono molte, prima fra tutte il ritorno di Wes Craven, questa volta come sceneggiatore (in collaborazione con un gruppo di scrittori tra cui figura anche Frank Darabont), quasi sicuramente dettato dalla volontà di restituire dignità alla sua creazione. Tra le prime idee, subito scartate, c’era quella di far piombare Freddy nel mondo reale, scegliendo come vittime un gruppo di attori impegnati a girare l’ennesimo sequel di A nightmare on Elm Street. Uno plot all’insegna del metacinema, che Craven riprenderà successivamente per il suo Nuovo incubo, ma che la produzione non ha gradito.
Nightmare III, come i primi film della saga e i successivi, racconta di un gruppo di giovani – in questo caso ricoverati una clinica psichiatrica – tormentati da terribili incubi che hanno come protagonista lo stesso uomo sfigurato. Ad aiutarli arriva la rediviva Nancy Thompson (Heather Langenkamp), che conosce bene quest’uomo e sa come combatterlo. Da questo punto di vista non c’è niente di nuovo, ma cerchiamo di capire perché questo lungometraggio viene considerato un tassello fondamentale nell’evoluzione di questo mondo.
È con questo film che si comincia a delineare la figura del serial killer interpretato da Robert Englund. Un percorso che progressivamente, con il passare degli anni, riuscirà a dargli una vera e propria identità, fornendo informazioni sul suo passato. È qui che viene infatti presentata agli spettatori sua madre, Amanda Krueger, una suora rimasta incinta in seguito ad una violenza sessuale.
Ed è sempre grazie a questa storia che comincia l’evoluzione personale di Freddy, sempre meno oscuro e sempre più “rock star”, intento ad esibirsi in una serie di uccisioni oniriche particolarmente spettacolari, che sfruttano le paure inconsce e le ossessioni di ogni vittima. Non si tratta più di semplici omicidi infatti, ma di vere e proprie catarsi che ogni personaggio deve raggiungere per poter sopravvivere.
Il desiderio di Wes Craven era di chiudere il cerchio con questa storia, ma come sappiamo le cose sono andate in maniera diversa. L’assassino artigliato non aveva ancora intenzione di abbandonare i sogni dei giovani adolescenti di Springwood. Da questo momento, fino al quinto capitolo, si delinea quella che si può definire a tutti gli effetti una “saga nella saga”, che vede di volta in volta i superstiti di una storia tornare nella successiva. Ma questo è un altro incubo…
Pubblicato su ScreenWEEK
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