Una Rock Star per entrare nel mito deve morire giovane, almeno così dice qualcuno. La verità è che dando una breve occhiata alla storia della musica degli ultimi cinquant’anni è difficile smentire tale principio. Tante sono le cosiddette perdite premature, altrettanti i nomi entrati nella leggenda. Non solo per quanto riguarda il genere Rock ovviamente, e la storia di Christopher George Latore Wallace, conosciuto come Notorious B.I.G., ne è la prova.
L’ennesima storia di un ragazzo che non ha fatto altro se non essere se stesso, diventando la voce di una generazione, di un periodo, di una società, che avevano bisogno di essere rappresentati.
Una voce della strada, dura ma vera, ma anche dell’amore, talmente convincente da ottenere il consenso della rivista Rolling Stone, che l’ha definito “uno dei primi giovani cantautori maschi a realizzare canzoni d’amore credibili”
Notorious B.I.G. non è mai stato uno stinco di santo, questo è risaputo, nella sua vita ha commesso parecchi errori e il film di Tillman non cerca certo di nasconderli. Purtroppo nella sua onestà questa pellicola ha un difetto, quello dell’eccessivo buonismo, presente soprattutto nel finale. Questo perché, nel tentativo di dare una spiegazione al declino privato del rapper, si avvale di un’interpretazione troppo facile, che vede come unico colpevole il mondo dei media. Cosa solo in parte vera.
La morte dell’amico/nemico Tupac Shakur, l’omicidio dello stesso B.I.G., sono avvenimenti che rimarranno per sempre avvolti nel mistero. Dipingere Puff Daddy come un santo non servirà certo a cambiare le cose.
Questo trasforma un’opera carica di potenziale in un film senza infamia e senza lode, incorniciato da una fotografia patinata che ben si addice all’ambiente Hip Hop.
Nonostante tutto sui titoli di coda si rischia la commozione. Questo perché, malgrado l’aria dura, si tratta pur sempre di “Good Fellas”.
L’ennesima storia di un ragazzo che non ha fatto altro se non essere se stesso, diventando la voce di una generazione, di un periodo, di una società, che avevano bisogno di essere rappresentati.
Una voce della strada, dura ma vera, ma anche dell’amore, talmente convincente da ottenere il consenso della rivista Rolling Stone, che l’ha definito “uno dei primi giovani cantautori maschi a realizzare canzoni d’amore credibili”
Notorious B.I.G. non è mai stato uno stinco di santo, questo è risaputo, nella sua vita ha commesso parecchi errori e il film di Tillman non cerca certo di nasconderli. Purtroppo nella sua onestà questa pellicola ha un difetto, quello dell’eccessivo buonismo, presente soprattutto nel finale. Questo perché, nel tentativo di dare una spiegazione al declino privato del rapper, si avvale di un’interpretazione troppo facile, che vede come unico colpevole il mondo dei media. Cosa solo in parte vera.
La morte dell’amico/nemico Tupac Shakur, l’omicidio dello stesso B.I.G., sono avvenimenti che rimarranno per sempre avvolti nel mistero. Dipingere Puff Daddy come un santo non servirà certo a cambiare le cose.
Questo trasforma un’opera carica di potenziale in un film senza infamia e senza lode, incorniciato da una fotografia patinata che ben si addice all’ambiente Hip Hop.
Nonostante tutto sui titoli di coda si rischia la commozione. Questo perché, malgrado l’aria dura, si tratta pur sempre di “Good Fellas”.
Pubblicato su Cineocchio
3 commenti:
Mmm, non ricevo buone vibrazioni da questo film...
Ale55andra
Guarda, in fin dei conti non è poi così male...io poi che prima di essere "metallaro" ero Rapper dovevo per forza vederlo...E VA ASSOLUTAMENTE VISTO IN LINGUA ORIGINALE!!!
concordo con alessandra... non è che mi inviti tanto questo film..
Posta un commento