L’opera prima di Gerald McMorrow ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo Cult, e di questo bisogna dargliene atto.
Certo, questa cosa potrebbe anche rappresentare un grande difetto, principalmente perché la via del Cult Movie sembra volerla inseguire a tutti i costi, quasi fosse una cosa calcolata.
All’interno di questa alchimia niente sembra essere lasciato al caso.
Un’atmosfera gotica e vagamente Noir, intrisa di quello spirito Cyber Punk che, in linea con i tempi, assume i connotati dell’Emo più puro (quello votato al suicidio, tra sentimento e incapacità di adattamento).
Cosa che indubbiamente ha un suo fascino, soprattutto quando cerca di delineare atmosfere future e fortemente angoscianti, tipiche di una certa maniera (pessimistica) di fare cinema.
La Londra del futuro, chiamata Città di Mezzo, sembra essere figlia delle megalopoli di Blade Runner. Al suo interno si muovono personalità grottesche che sembrano uscite dalle pagine Alan Moore.
Fosse tutto così, davvero non si penserebbe due volte a dichiararlo Cult, o perlomeno interessante (come l’ingiustamente sottovalutato Dark City di Alex Proyas).
Purtroppo a rompere quest’armonia ci pensa un intreccio che si perde nel voler inseguire a tutti i costi l’ambiguità.
Il risultato è macchinoso più che altro, ed è un vero peccato.
Nonostante tutto Gerald McMorrow riesce comunque a fare la sua figura.
Di lui si apprezza la volontà e l’uso suggestivo della rappresentazione, che raggiunge i massimi livelli nei momenti più cupi.
E la figura di Jonathan Preest, vigilante mascherato, è indubbiamente affascinante.
Certo, questa cosa potrebbe anche rappresentare un grande difetto, principalmente perché la via del Cult Movie sembra volerla inseguire a tutti i costi, quasi fosse una cosa calcolata.
All’interno di questa alchimia niente sembra essere lasciato al caso.
Un’atmosfera gotica e vagamente Noir, intrisa di quello spirito Cyber Punk che, in linea con i tempi, assume i connotati dell’Emo più puro (quello votato al suicidio, tra sentimento e incapacità di adattamento).
Cosa che indubbiamente ha un suo fascino, soprattutto quando cerca di delineare atmosfere future e fortemente angoscianti, tipiche di una certa maniera (pessimistica) di fare cinema.
La Londra del futuro, chiamata Città di Mezzo, sembra essere figlia delle megalopoli di Blade Runner. Al suo interno si muovono personalità grottesche che sembrano uscite dalle pagine Alan Moore.
Fosse tutto così, davvero non si penserebbe due volte a dichiararlo Cult, o perlomeno interessante (come l’ingiustamente sottovalutato Dark City di Alex Proyas).
Purtroppo a rompere quest’armonia ci pensa un intreccio che si perde nel voler inseguire a tutti i costi l’ambiguità.
Il risultato è macchinoso più che altro, ed è un vero peccato.
Nonostante tutto Gerald McMorrow riesce comunque a fare la sua figura.
Di lui si apprezza la volontà e l’uso suggestivo della rappresentazione, che raggiunge i massimi livelli nei momenti più cupi.
E la figura di Jonathan Preest, vigilante mascherato, è indubbiamente affascinante.
Pubblicato su Cineocchio
7 commenti:
Mc Morrow fa la sua sporca figura, è vero!
come opus 1 non è niente male.. sperando che possa sfornare altre piccole perle come questa..
A me è piaciuto molto. Molto suggestivo e comunicativo e poi esteticamente è davvero affascinante a mio avviso.
Ale55andra
Tra qualche ora saranno venti anni che il grande Sergio Leone non è più con noi.
Ho scritto alcune modeste righe per commemorarlo.
@ riccardo: un inizio sicuramente molto promettente.
@ ale55andra: esteticamente non ci sono dubbi, soprattutto per quanto riguarda la parte futuristica. Non so se l'hai visto, ma mi ha molto ricordato Dark City.
Mmmm... "a naso" ho preferito evitarlo, ma dopo aver letto la tua recensione magari un'occhiata (quando uscirà in dvd) gliela darò.
Devo fare in modo di trovarlo o al cinema o sperando nel DVD. Il film mi attrae e per adesso ho letto già alcune recensioni positive.
@ mr hamlin: si, secondo me un'occhiata la merita.
@ luciano: niente per cui gridare al miracolo, ma come ho già detto un'occhiata la merita
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