Prima di partire con il solito (e inevitabile) attacco, è forse opportuno fare il punto della situazione.
Uwe Boll, fondatore della società di produzione cinematografica Boll K (principale fonte di finanziamento dei suoi film), un passato da pugile e un Dottorato in Letteratura, è al momento considerato il peggior regista professionista del mondo.
Può vantare la bellezza di due Razzie Awards (peggior regista e peggior carriera) e una petizione on-line riguardante il suo ritiro dal grande schermo che nel giro di pochi giorni ha raggiunto e superato la soglia delle centomila firme.
E’ lui l’uomo che ha sfidato i critici cinematografici in un match di boxe e che non contento ha fatto la stessa proposta persino a Michael Bay (io mi fermo qui, se volete saperne di più potete rivolgervi al buon vecchio Valido).
Le sue produzioni da qualche anno a questa parte riguardano trasposizioni cinematografiche di videogame abbastanza conosciuti ma non di primo piano (suoi House of the Dead, Alone in the Dark e Postal).
Così è per In the Name of the King, pellicola del 2007 giunta in terra Italiana dopo due anni (e dopo l’uscita del successivo Postal).
Il film è liberamente ispirato (vista anche l’introduzione di personaggi completamente nuovi) al videogioco Dungeon Siege, e presenta atmosfere e situazioni che ricordano la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson.
Ovvio che, visto anche il punto di riferimento, ci troviamo di fronte ad una grandissima delusione.
Un cast totalmente sprecato, che può vantare nomi del calibro di Jason Statham, Ron Perlman, Burt Reynolds e Ray Liotta. Assente ogni forma di coinvolgimento (anche la più banale) e ridicola ogni evoluzione di trama, penalizzata da uno script pieno di buchi e forzature.
Ma dato che scagliarsi contro il regista tedesco è una delle cose più facili del mondo, proviamo per una volta a prendere le sue difese.
Volendo qualche cosa a favore si può anche dire.
Il suo stile è notevolmente migliorato con il passare degli anni, e il budget alto – sempre rapportato a quello delle precedenti produzioni – riesce a donare al tutto un’aria meno arrangiata del solito (“Dare a me 60 milioni di dollari è come dare 150 milioni di dollari a Michael Bay. E’ stata l’esperienza più bella della mia vita avere finalmente abbastanza soldi per un grande film.”).
Ma queste più che altro sono cose che si dicono per stare a posto con la coscienza.
La verità (e qui mi autocito) è che L’Ed Wood del nuovo millennio continua imperterrito ad affermare le sue carenze registiche e stilistiche, ma ormai ha raggiunto un tale status che lo si adora proprio per questo.
Uwe Boll, fondatore della società di produzione cinematografica Boll K (principale fonte di finanziamento dei suoi film), un passato da pugile e un Dottorato in Letteratura, è al momento considerato il peggior regista professionista del mondo.
Può vantare la bellezza di due Razzie Awards (peggior regista e peggior carriera) e una petizione on-line riguardante il suo ritiro dal grande schermo che nel giro di pochi giorni ha raggiunto e superato la soglia delle centomila firme.
E’ lui l’uomo che ha sfidato i critici cinematografici in un match di boxe e che non contento ha fatto la stessa proposta persino a Michael Bay (io mi fermo qui, se volete saperne di più potete rivolgervi al buon vecchio Valido).
Le sue produzioni da qualche anno a questa parte riguardano trasposizioni cinematografiche di videogame abbastanza conosciuti ma non di primo piano (suoi House of the Dead, Alone in the Dark e Postal).
Così è per In the Name of the King, pellicola del 2007 giunta in terra Italiana dopo due anni (e dopo l’uscita del successivo Postal).
Il film è liberamente ispirato (vista anche l’introduzione di personaggi completamente nuovi) al videogioco Dungeon Siege, e presenta atmosfere e situazioni che ricordano la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson.
Ovvio che, visto anche il punto di riferimento, ci troviamo di fronte ad una grandissima delusione.
Un cast totalmente sprecato, che può vantare nomi del calibro di Jason Statham, Ron Perlman, Burt Reynolds e Ray Liotta. Assente ogni forma di coinvolgimento (anche la più banale) e ridicola ogni evoluzione di trama, penalizzata da uno script pieno di buchi e forzature.
Ma dato che scagliarsi contro il regista tedesco è una delle cose più facili del mondo, proviamo per una volta a prendere le sue difese.
Volendo qualche cosa a favore si può anche dire.
Il suo stile è notevolmente migliorato con il passare degli anni, e il budget alto – sempre rapportato a quello delle precedenti produzioni – riesce a donare al tutto un’aria meno arrangiata del solito (“Dare a me 60 milioni di dollari è come dare 150 milioni di dollari a Michael Bay. E’ stata l’esperienza più bella della mia vita avere finalmente abbastanza soldi per un grande film.”).
Ma queste più che altro sono cose che si dicono per stare a posto con la coscienza.
La verità (e qui mi autocito) è che L’Ed Wood del nuovo millennio continua imperterrito ad affermare le sue carenze registiche e stilistiche, ma ormai ha raggiunto un tale status che lo si adora proprio per questo.
Pubblicato su Livecity.it
9 commenti:
A me già il fotogramma finale che hai postato puzza di merda, mi si perdoni il francesismo. Certo è che se gli danno ancora i soldi, qualcosa di positivo ci dovrà pur essere...
Ale55andra
pensavo proprio la stessa cosa. Sarà il pizzetto dei due tizi davanti o i due centimetri di cerone della figa al centro? 60 milioni di dollari, dio bono, e in africa c'è gente che muore di fame.
Constatazioni davvero interessanti! Voglio provare anche io a difendere Uwe Boll, ma devo documentarmi sia sul box office che sui film (per ora ho solo Houseof the Dead e non saprei da dove cominciare) nonché esercitarmi a casa prima di bloggare o parlarne con gli amici - quelli me se magnagno.
@ ale55andra: non so che dirti, fino a poco tempo fa i soldi li trovava grazie ad un "cavillo legislativo che aiuta economicamente i film che fanno fiasco al botteghino" (questo in Germania, la citazione è di Valido). Ora sembra che quel cavillo non esista più però...
@ liuis: e si anche sborsato cifre più grandi per flop simili, ovviamente non diretti da Boll. Dubito che qualcuno riesca ad affidargli cifre superiori ai 60...
@ anonimo: Ma Uwe Boll è da difendere assolutamente!!! Il Cinema ha bisogno di lui...:)
Ops! Non volevo essere anonima... solo avevo gli script disabilitati
Comunque difenderò prodemente :)
AgonyAunt
Sono ancora incazzato con lui per House of the dead e Alone in the dark. Qualcuno lo ha definito tamarro. Per me è un complimento...
@ roberto fuco junior: io lo confesso, i film del buon vecchio Boll li guardo, ma più che altro per vedere cosa combina...:)
Tanto tra produttore e regista ha in cantiere quasi dieci film da qui al 2010...
Non lo fermerà mai nessuno...
;-)
Byez
Meno male, perchè altrimenti non saprei assolutamente cosa vedere nei tempi morti...:)
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