lunedì 9 marzo 2009

Gran Torino

Gran Torino (2008, regia Clint Eastwood)



Clint Eastwood è tornato. Non che abbia mai deciso di volerci lasciare, il suo cinema infatti è diventato con gli anni una piacevole consuetudine di cui difficilmente si potrebbe fare a meno.
Quello che è tornato è il Clint Attore, o meglio il Clint Personaggio. Quello dallo sguardo di ghiaccio, impassibile, cauto nei movimenti, di poche parole ma buone.
Teniamocelo caro allora perché, stando a quello che si dice in giro, questa è la sua ultima interpretazione.

Gran Torino arriva nelle nostre sale in anticipo sui tempi, visto che ancora si fa fatica a dimenticare la bellezza (non solo estetica) del recente Changeling, ma riesce comunque a dimostrarsi all’altezza del suo predecessore.
Non è cosa da poco se contate che la storia, a differenza della precedente pellicola, non possiede quella carica eclatante e melodrammatica di sicura presa sul pubblico, rivelandosi nella sua evoluzione addirittura banale.
Se il film funziona è dunque merito della regia, talmente ispirata da riuscire a superare i confini della semplice rappresentazione.
Quello di Eastwood infatti è – se ancora non si fosse capito – Cinema all’ennesima potenza, che anche in questo caso stupisce per la carica emotiva che riesce a possedere.

Non lasciatevi ingannare dalle ambientazioni a dall’evolversi della storia, perché Gran Torino è principalmente un film Western.
Possiede il disincanto tipico delle pellicole di Sam Peckinpah, che molto hanno influenzato il cinema (di genere) di Clint Eastwood e presenta un personaggio, Walt Kowalski, che è l’estrema simbiosi fra il suo Dirty Harry e l’enigmatica figura del Predicatore di Pale Rider.
Un brav’uomo, che sin dalla prima inquadratura, nonostante il suo continuo ringhiare e borbottare, non riesce ad ingannare nessuno se non se stesso.
Il resto assume i connotati della metafora, che sfrutta il classico motivo del riscatto personale per delineare atmosfere senza tempo.

In quella Ford Gran Torino che dà titolo al film si può identificare il cosiddetto MacGuffin Hitchcockiano, ciò che muove la vicenda dando luogo ad ogni sua evoluzione, ma il vero fulcro del film risiede in un’immagine precisa, che ricorre più volte lungo la narrazione.
Quella di Kowalski che, indice e pollice tesi, mima una pistola.
Tenetela bene a mente quella figura, perché è destinata a diventare uno degli addii più belli e sofferti che il cinema di genere ha saputo offrirci negli ultimi anni.

Pubblicato su Cineocchio

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Cavolo sto fremendo!!!! Vedo che tu non sei riuscito ad aspettare, ma tutto sommato mi sa che hai fatto più che bene!!
Ale55andra

FiliÞþØ ha detto...

Davvero davvero bello!

Unknown ha detto...

film bellissimo, non c'è che dire..
commovente il suo autobiografismo nel film, simulando la pistola con il gesto della mano.. unico clint..

Anonimo ha detto...

Torno ora dalla visione, ancora (piacevolmente) scosso dalla grandezza del cinema di Eastwood.
Ovviamente concordo su tutta la linea anche se, personalmente, non ho trovato la sceneggiatura banale. Anzi, mi ha colpito come riesca a toccare, in modo a volte palese e altre meno, temi fondamentali.
Grandissimo film.

Anonimo ha detto...

che meraviglia gran torino
comunque hai ragione: "Gran Torino è principalmente un film Western"

Anonimo ha detto...

Mamma mia, quel gesto è ormai entrato nella mia personale classifica di MOMENTI DA RICORDARE. così come la scena con il barbiere: indimenticabile gara di strafottenza e amicizia.
Film monumentale, bellissimo, di una brutalità di cui la società non aveva forse bisogno(e forse per questo non è mai entrato nei giochi dei premi) ma di cui noi ci cibiamo assiduamente.

MrDavis

FiliÞþØ ha detto...

@ er Kaiser: contento sia piaciuto anche a te, e grazie per la visita! :)

@ mr Hamlin: sai cosa, inizialmente il film non mi stava piacendo proprio per la storia...ovviamente ho cambiato idea dopo pochissimo, ma continuo a penasare che il plot fondamentalmente non rappresenti niente di innovativo. E' il modo in cui viene rappresentato il tutto che mi ha conquistato!

@ honeyboy: magari esagero, ma io l'ho trovato di gran lunga superiore a changeling..

@ mr Davis: un gesto talmente carismatico, da fregare il posto alle due dita di viggo montersen in la promessa dell'assassino!

Anonimo ha detto...

Effettivamente Eastwood ci mette molto di suo (immenso com'è mi sarei stupido del contrario), però personalmente considero ben sviluppato anche lo script.
Come scritto da qualcuno più "titolato" di me (Roberto Nepoti su Repubblica) "Semplicità non è necessariamente un difetto".

Comunque sono sfumature, l'essenziale è che si concordi sul (positivo) giudizio finale.

FiliÞþØ ha detto...

ma si infatti...cmq non volevo usare il termine banale in modo dispregiativo (la semplicità può essere benissimo un pregio, è vero), mi riferivo solo al fatto che tutte le evoluzioni della trama sono facilmente intuibili.

Luciano ha detto...

Ancora mi manca :( e vedo che è piaciuto a tutti. Quindi senz'altro mi entusiasmerà. Ottimo il tuo accenno al MacGuffin: mi ha veramente trascinato nel film. La mia prossima visione (spero). A presto.

FiliÞþØ ha detto...

Assolutamente da vedere!

Noodles ha detto...

noto che abbiamo mcguffinato entrambi. Secondo me Gran Torino è anche lievemente superiore a Changeling. Ancora più asciutto e diretto.

FiliÞþØ ha detto...

Si, anch'io sono del parere che sia superiore

Anonimo ha detto...

Secondo me è una cagata pazzesca.

lucanegrogno ha detto...

Filippo, aspetto di poter riprendere la discussione avviata in compresenza fisica su questo film. La scena che chiude il duello finale, con il riferimento cristiano, continua a solleticarmi.
Il Cristo-Eastwood si sacrifica rendendo operativo il sistema del diritto; unifica una comunità nella quale le logiche tribali impedivano il radicamento del monopolio della violenza legittima. Ma, come dici tu, il film è fondamentalmente un film western. Questo secondo me ha una grossa implicazione anche sul piano della rappresentazione "sociologica": le logiche tribali, l'indistinzione di diritto e forza, non sono, come si potrebbe credere, (come credono i figli rammolliti di Walt) un sintomo dell'invasione multietnica, della fine di un "mondo" della middle class, ma sono piuttosto la struttura portante della società americana, i suoi "valori tradizionali".
Credo che gran parte del fascino leggero di questo film venga dal rapporto, insieme amorevole e disilluso, ironico e tragico, che Eastwood intrattiene con questi "valori tradizionali".

FiliÞþØ ha detto...

riprenderemo il discorso faccia a faccia luca, puoi contarci! ;)

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