domenica 23 novembre 2008

Il Papà di Giovanna

Il Papà di Giovanna (2008, regia Pupi Avati)



L’ambiente è quello di un’Italia prossima al secondo conflitto mondiale.
Michele, padre di Giovanna e marito di Delia, insegna storia dell’arte in un istituto Bolognese.
L’amore sconfinato nei confronti della figlia, cresciuta all’interno di una campana di vetro e del tutto ignara del mondo che la circonda, lo porta ad essere un padre iperprotettivo.
Non opprimente però.
Il suo sogno più grande infatti è quello di poter vedere la sua Giovanna felicemente sistemata.
Anche per questo, contento dell’amicizia appena nata tra la giovane e il belloccio compagno di classe, la spinge a fare del suo meglio per conquistare il presunto spasimante.
Ma il dramma è dietro l’angolo.
Giovanna ha compiuto infatti il più orribile dei delitti. Ha ucciso la sua migliore amica, nonché rivale in amore.
Processata e condannata, la ragazza viene rinchiusa in un istituto psichiatrico.
Accanto a lei il padre, deciso a non abbandonare la sua dolce creatura mentre, sullo sfondo, l’epoca fascista vede la sua alba e il suo tramonto.
Ricordo ancora una recensione, non troppo lusinghiera, pubblicata ai tempi dell’uscita di Regalo di Natale, forse una delle opere più belle di tutta la carriera di Avati.
Quello che mi sembrava esagerato allora, e che tirava in ballo termini come cinismo, sentimentalismo a buon mercato e mancanza di coinvolgimento, è ritornato oggi e lo si può trovare nelle critiche negative (fortunatamente compensate da altrettante positive) che hanno seguito l’arrivo di Il Papà di Giovanna alla 65ª Mostra del Cinema di Venezia.
Critiche a mio parere ingiuste, ma che hanno sempre accompagnato la carriera del cineasta, arrivando a far pensare che quello di Avati è il classico cinema che “Piace o non piace”.
Chiariamoci subito.
Il Papà di Giovanna non è sicuramente un capolavoro, ma con altrettanta sicurezza si può affermare che non è un brutto film.
Possiede alcuni evidenti cali di ritmo (qualche minuto in meno non avrebbe certo fatto male) e un doppiaggio non sempre all’altezza.
Ma è pregno delle tematiche più care al cinema di Avati e, a guardar bene, presenta molti punti di contatto con un’altra bellissima opera del regista, La seconda notte di nozze.
Se non altro, per il fatto che possiede personaggi che richiamano la tradizione teatrale e cinematografica di un tempo (a suo modo una “Belle époque”), immersi in un periodo storico vivo, palpabile, nei confronti del quale non sono solo semplici abitanti, ma figure in balia degli eventi.
Una dimensione temporale – quella che vede l’avvento del fascismo – criticata da molti per un presunto sopravvento nei confronti della storia, ma in realtà completamente coerente con gli avvenimenti narrati e, in alcuni casi, capace di riportare a galla la migliore tradizione del cinema anni ’50.
Cinema che rivisto oggi ha il pregio di poter unire la narrazione classica alla documentazione storica e che vive di rimandi ad un tempo che fu.
All’interno di questa splendida cornice Avati dà forma ad una tragedia sussurrata e al tempo stesso dolorosa, scandita dal suono di grammofoni e colorata da tonalità seppia di sicura impatto, dimostrandosi ancora una volta un sapiente creatore di atmosfere.
Silvio Orlando, Francesca Neri, Alba Rohrwacher, tutti molto bravi.
Persino Ezio Greggio riesce a convincere, quasi a voler bissare l’Abatantuono riscattato anni prima sempre dallo stesso regista.
Purtroppo all’occhio dei telespettatori italiani, la sua può risultare una faccia da schiaffi anche nei momenti più drammatici. Ma questa è una visione dettata più che altro da abitudini domestiche.
Per quanto riguarda il resto, io sono ancora convinto che la povera Giovanna non abbia commesso l’omicidio che muove la vicenda, ma sia solo una povera vittima, plagiata da un amore non corrisposto.
Se ci si lascia guidare dagli sguardi e dagli ammiccamenti (in)volontari fatti dal regista, sembra la soluzione più naturale.
Forse era proprio questo quello che voleva dire alla madre della povera ragazza uccisa una volta uscita dalla casa di cura.
“Non sono io la colpevole!”.

Pubblicato su Livecity.it

8 commenti:

Anonimo ha detto...

mmm, questo l'ho perso, ma spero di recuperarlo in dvd.. Se mi dici che ha dei punti di contatto con La seconda notte di nozze non posso davvero perderlo!
Ciaooooooooooo
Fede-Trinity

FiliÞþØ ha detto...

@ trinity: a parte l'evidente nesso storico (praticamente si potrebbe dire che, dove finisce questa storia comincia quella della seconda notte), entrambi i protagonisti sono anime "candide" (perchè anche giovanna lo è) perse nel mondo.

[Accidenti come sono poetico...;)]

Ale55andra ha detto...

Anche io me lo sono persa al cinema pensando che fosse un film da lasciar perdere, ma da quello che dici forse vale la pena recuperarlo.

FiliÞþØ ha detto...

Spero proprio che ti piaccia.
Cmq io sono di parte, adoro Pupi Avati!

Luciano ha detto...

Devo ancora vederlo ma è tra i film che intendo recuperare.

FiliÞþØ ha detto...

ti consiglio di recuperarlo...da me è arrivato la settimana scorsa...

Anonimo ha detto...

Sì molti punti di contatto con La Seconda Notte di Nozze....Silvio Orlando è lo stesso personaggio socialmente dissciato di Antonio Albanese, con l'Amore "difficile" che si può conquistare, con i sogni e le lettere che si immergono in un passato che non c'è più e che si vorrebbe rivivere come un'occasione perduta....

Mi è piaciuto di più La Seconda Notte di Nozze....Albanese è molto meglio di Orlando...

FiliÞþØ ha detto...

la seconda notte id nozze è sicuramente meglio, hai ragione.

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