Molti di voi avranno visto un film italiano del 2004, intitolato “Le conseguenze dell’amore”. In questa pellicola, diretta da Paolo Sorrentino, si raccontava la storia di un uomo e di come la sua vita cambiasse radicalmente a causa di un molto casto e innocente innamoramento.
L’opera prima di questo esordiente (e alquanto promettente) regista tedesco ricalca le stesse atmosfere, fornendoci una storia parallela (ma dai risvolti decisamente meno tragici) sulle possibili conseguenze che l’amore può causare.
Anche in questo caso un amore casto, puro, lontano da qualsiasi attrazione corporea. Una relazione “via cavo” , segreta, che unirà in un triangolo divino un uomo, e una coppia.
Lui, funzionario della Stasi, spione di professione. Loro, uno scrittore e la sua compagna attrice.
E’ in una Germania ancora divisa, dove la libertà di espressione è un puro miraggio, che si svolge la storia. Lo scrittore, sospettato di pensare controcorrente, riceve (come è giusto che sia) per regalo una gratuita, quanto segreta, filodiffusione microfonica. Non troppo distante dall’appartamento, il retto funzionario ascolta, annotando regolarmente, la vita casalinga del presunto colpevole, in cerca di un segnale positivo per lui, ma alquanto negativo per la vittima ignara.
E’ così che accade l’impensabile, l’eccezione trascurata. Il solitario Wiesler (così si chiama lo spione), abbandona la distanza professionale. Il coinvolgimento emotivo supera la professionalità. L’occulto funzionario entra, tramite un contatto etereo, a far parte di questa vita ascoltata, facendola sua, diventando deus ex machina del destino di una coppia, nonostante l’evidente colpevolezza di quest’ultima.
Un esordio come pochi, per questo cineasta tedesco, che non presenta la minima esitazione nel rappresentare la lenta storia di uno spettatore di professione. Il coinvolgimento, morboso nella sua essenza, tocca il pubblico, che si ritrova ad essere spione a sua volta, senza però potere d’azione.
“Le vite degli altri” è un film sulla solitudine e fa della solitudine la sua cornice. Wiesler, falso protagonista, è la vera incognita della storia. Una figura abbozzata, accennata. Anonimo nell’aspetto, si muove come un’ombra per tutta la durata della pellicola. Non per professione ma per natura. Lui è il “fonico”, angelo custode di due reali protagonisti. Perché la reale vicenda narrata non è quella di Wiesler, ma quella teoricamente spiata.
Ulrich Mühe, riesce ad animare un fantasma, facendo dell’impassibilità l’unica via di comunicazione di un personaggio che altrimenti avrebbe poco da dire. Il resto del cast (tra i quali figura Sebastian Koch, apparso nel recente “Black Book”) lo accompagna egregiamente, dando vita ad una bellissima e anonima storia di incoscienza affettiva.
L’opera prima di questo esordiente (e alquanto promettente) regista tedesco ricalca le stesse atmosfere, fornendoci una storia parallela (ma dai risvolti decisamente meno tragici) sulle possibili conseguenze che l’amore può causare.
Anche in questo caso un amore casto, puro, lontano da qualsiasi attrazione corporea. Una relazione “via cavo” , segreta, che unirà in un triangolo divino un uomo, e una coppia.
Lui, funzionario della Stasi, spione di professione. Loro, uno scrittore e la sua compagna attrice.
E’ in una Germania ancora divisa, dove la libertà di espressione è un puro miraggio, che si svolge la storia. Lo scrittore, sospettato di pensare controcorrente, riceve (come è giusto che sia) per regalo una gratuita, quanto segreta, filodiffusione microfonica. Non troppo distante dall’appartamento, il retto funzionario ascolta, annotando regolarmente, la vita casalinga del presunto colpevole, in cerca di un segnale positivo per lui, ma alquanto negativo per la vittima ignara.
E’ così che accade l’impensabile, l’eccezione trascurata. Il solitario Wiesler (così si chiama lo spione), abbandona la distanza professionale. Il coinvolgimento emotivo supera la professionalità. L’occulto funzionario entra, tramite un contatto etereo, a far parte di questa vita ascoltata, facendola sua, diventando deus ex machina del destino di una coppia, nonostante l’evidente colpevolezza di quest’ultima.
Un esordio come pochi, per questo cineasta tedesco, che non presenta la minima esitazione nel rappresentare la lenta storia di uno spettatore di professione. Il coinvolgimento, morboso nella sua essenza, tocca il pubblico, che si ritrova ad essere spione a sua volta, senza però potere d’azione.
“Le vite degli altri” è un film sulla solitudine e fa della solitudine la sua cornice. Wiesler, falso protagonista, è la vera incognita della storia. Una figura abbozzata, accennata. Anonimo nell’aspetto, si muove come un’ombra per tutta la durata della pellicola. Non per professione ma per natura. Lui è il “fonico”, angelo custode di due reali protagonisti. Perché la reale vicenda narrata non è quella di Wiesler, ma quella teoricamente spiata.
Ulrich Mühe, riesce ad animare un fantasma, facendo dell’impassibilità l’unica via di comunicazione di un personaggio che altrimenti avrebbe poco da dire. Il resto del cast (tra i quali figura Sebastian Koch, apparso nel recente “Black Book”) lo accompagna egregiamente, dando vita ad una bellissima e anonima storia di incoscienza affettiva.
8 commenti:
"Il coinvolgimento emotivo supera la professionalità" e "Ulrich Mühe, riesce ad animare un fantasma, facendo dell’impassibilità l’unica via di comunicazione", soprattutto quest'ultima frase, mi hanno colpito molto.
Niente male davvero.
Per quanto riguarda il film... troppo bello per non essere visto!
Si...andava assolutamente visto...ci ho messo un pò di tempo ma alla fine ce l'ho fatta...;)
ciao
Bella recensione,sono d'accordo. Tra le uscite del 2007 è certamente il migliore insieme a The fountain,io purtroppo non sono riuscito a scrivere niente di questo film perchè mi era piaciuto molto e volevo aspettare per scrivere una recensione che rispettasse la bellezza del film..poi con il passare del tempo e le nuove uscite non l'ho fatto!
PS: Hai anche citato uno dei miei,se non IL,film preferito (Le conseguenze dell'amore) quindi non posso che applaudirti.
Edo
Non commento il film perchè non l'ho visto, ma ho notato che hai cambiato la citazione sull'header... bella! ;)))
Il film è veramente tremendo. non mi sarei mai aspettato il comportamento dell'attrice!
cosa non si fa per le proprie passioni!
ciao!
@ edo: grazie per i complimenti...The fountain lo vedrò prossimamente...Le conseguenze dell'amore è un piccolo capolavoro...;)
@ lilith: la citazione la cambio ogni settimana...il tuo post mi ha dato lo spunto per trovare quella di questa settimana...;)
@ Trinity: già...tremendo ma molto bello...
ragazzi a ripensare a questo film mi viene la pelle d'oca
stupendo
Già...anch'io ho provato più di un brivido durante la visione...soprattutto nel finale...
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