Alla base di tutto c’è l’attrazione, vista come animalesco istinto, talmente pura nella sua essenza da trascendere ogni parola (e chi ne ha bisogno in fondo?), per poter condividere il silenzio e diventarne parte. Se esiste l’amore puro, Kim Ki-Duk ne conosce l’essenza, costituita in realtà di privazione. La purezza di un sentimento è insita nella sua negazione, nell’annullamento corporeo e mentale. Una congiunzione spirituale, un amore tra angeli, casto, immacolato e forse per questo perfetto.
Due anime silenziose, unite dal destino. Lui giovane errabondo senza fissa dimora, approfitta delle altrui case momentaneamente disabitate. Non un ladro, non uno scroccone, si occupa delle vuote abitazioni e offre anche riparazioni gratuite. E’ in una casa creduta vuota che il nostro amico incontra lei, ombra di un immenso appartamento. I segni di violenza che porta sul volto non lasciano dubbi, quella dolce e silenziosa anima va protetta da chi, spinto dal possesso coniugale, trascende il comportamento tipico del buon marito. Punito il malvagio coniuge (Con una mazza da golf, il Ferro 3 del titolo), i due viaggiano di casa in casa, silenziosi esuli in balia di un puro istinto di sopravvivenza (amorosa).
La storia vuole che l’ultima abitazione occupata sia in realtà tomba (mai termine fu più adatto) di un tremendo segreto, che condurrà i due in carcere per poi separarli.
“Ferro 3” non è un film, non in senso lato. Si avvicina all’esperienza sensoriale e non la raggiunge a causa della carenza olfattiva. L’assenza di parola coinvolge lo spettatore a tal punto da renderlo ombra a sua volta, non visto dai protagonisti ma presente in ogni movimento. La pellicola addestra i nostri sensi a sentire i silenzi, a vedere l’oscurità, andando oltre la semplice superficie (cosa ultra-banale all’interno di questo mondo rappresentato).
Si passa dal semplicemente strano, al soprannaturale, all’etereo, in una maniera così semplice da passare inosservata. E’ nel finale che il film raggiunge il suo apice estetico e poetico, mostrandoci un incorporeo triangolo amoroso. Una trinità del sentimento, che utilizza l’odio come trasmittente. Un muro superabile e necessario. Nella conclusione tutti sono contenti, il marito, la donna (che ritrova la parola, sebbene centellinata con parsimonia), e il ragazzo (difficile dire se reale o no).
In carcere il “malvivente” cambia sul serio, rieducato al silenzio e all’impersonalità. Prima anima in case vuote, ora ombra di un abitato appartamento.
I dialoghi ci sono, eccome. La nostra mente ne è piena. Si leggono negli sguardi, si ascoltano nei silenzi. La rielaborazione mentale li rende ancora più concreti e saldi.
Quello che non c’è si fissa nel cervello, non ne esce più.
Se un film fa questo è giusto definirlo capolavoro, senza il timore di esagerare.
Due anime silenziose, unite dal destino. Lui giovane errabondo senza fissa dimora, approfitta delle altrui case momentaneamente disabitate. Non un ladro, non uno scroccone, si occupa delle vuote abitazioni e offre anche riparazioni gratuite. E’ in una casa creduta vuota che il nostro amico incontra lei, ombra di un immenso appartamento. I segni di violenza che porta sul volto non lasciano dubbi, quella dolce e silenziosa anima va protetta da chi, spinto dal possesso coniugale, trascende il comportamento tipico del buon marito. Punito il malvagio coniuge (Con una mazza da golf, il Ferro 3 del titolo), i due viaggiano di casa in casa, silenziosi esuli in balia di un puro istinto di sopravvivenza (amorosa).
La storia vuole che l’ultima abitazione occupata sia in realtà tomba (mai termine fu più adatto) di un tremendo segreto, che condurrà i due in carcere per poi separarli.
“Ferro 3” non è un film, non in senso lato. Si avvicina all’esperienza sensoriale e non la raggiunge a causa della carenza olfattiva. L’assenza di parola coinvolge lo spettatore a tal punto da renderlo ombra a sua volta, non visto dai protagonisti ma presente in ogni movimento. La pellicola addestra i nostri sensi a sentire i silenzi, a vedere l’oscurità, andando oltre la semplice superficie (cosa ultra-banale all’interno di questo mondo rappresentato).
Si passa dal semplicemente strano, al soprannaturale, all’etereo, in una maniera così semplice da passare inosservata. E’ nel finale che il film raggiunge il suo apice estetico e poetico, mostrandoci un incorporeo triangolo amoroso. Una trinità del sentimento, che utilizza l’odio come trasmittente. Un muro superabile e necessario. Nella conclusione tutti sono contenti, il marito, la donna (che ritrova la parola, sebbene centellinata con parsimonia), e il ragazzo (difficile dire se reale o no).
In carcere il “malvivente” cambia sul serio, rieducato al silenzio e all’impersonalità. Prima anima in case vuote, ora ombra di un abitato appartamento.
I dialoghi ci sono, eccome. La nostra mente ne è piena. Si leggono negli sguardi, si ascoltano nei silenzi. La rielaborazione mentale li rende ancora più concreti e saldi.
Quello che non c’è si fissa nel cervello, non ne esce più.
Se un film fa questo è giusto definirlo capolavoro, senza il timore di esagerare.
9 commenti:
che splendore questo film
bella la sequenza della bilancia
grazie per aver rievocato quei momenti
dome
Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia realtà o sogno
Bellissimo
@ dome: veramente bella la sequenza della bilancia...ma quella che più mi è piaciuta è stata quella del "tiangolo"finale...è di una poesia unica, ripensarci mi fa venire i brividi...
@ edo: una doverosa citazione per un film stupendo...
Stupendo a dir poco. Bellissimi i silenzi, bellissime le immagini, bellissimo tutto!
Ale55andra
già...bellissimo tutto!
io non l'ho visto..però mi ricordo che volevo andare al cinema..
Allora te lo presto...lo devi assolutamente vedere...
Bellissima la scena in cui lei sfiora il piede di lui sotto il tavolo... di una tenerezza unica...per nn parlare poi della scena della bilancia...spesso ci si dimentica che le rappresentazioni dell'amore risultano più vere di ciò che vediamo tutti i giorni...nn c'è bisogno troppo spesso di parole...questo film è davvero bello...grazie del consiglio filippo...dovrei ascoltarti più spesso!!!
Adoro "Ferro 3". E Kim Ki Duk è un maestro.
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