venerdì 13 aprile 2007

Cabal

Cabal (1989 , regia Clive Barker)




Clive Barker non è di certo quello che potremmo definire “l’ultimo arrivato”. Egli è infatti un artista a tutto tondo, che ha ottenuto risultati più che discreti come scrittore, regista, sceneggiatore (anche teatrale) e pittore. Con il suo film d’esordio, “Hellraiser”, ha entusiasmato la critica, che più volte ha accostato la sua immagine a quella di un altro maestro “perverso” dell’Horror, David Cronenberg. Dev’essere una stima reciproca quella che i due registi provano l’uno per l’altro e molto probabilmente è questo il motivo che ha convinto Cronenberg a recitare in questo piccolo capolavoro dell’orrore che è “Cabal”.
Come per “Hellraiser”, anche in questo caso Barker ha riadattato per il grande schermo un suo racconto precedentemente pubblicato, ottenendo come risultato un’opera che oltrepassa i sottili confini del genere, facendosi portavoce di importanti messaggi.
Un inno alla diversità, un apologo contro il razzismo e l’ignoranza umana, che distrugge ciò che non comprende o invidia. I mostri, esseri dall’aspetto deforme, creature orrende, sono i veri buoni del film. Scacciati, sterminati nei secoli dall’uomo e dalle sue superstizioni, i poverini vivono sotto terra, nella più totale latitanza. Midian, questo è il nome della città sotterranea patria di queste povere creature. Rintanati sotto terra aspettano, aspettano che la profezia si avveri, che venga il grande salvatore che la storia ha promesso, colui che solleverà i mostri dall’oppressione.
Una messa in scena dai toni gotici e “grandguignoleschi”, che spaventa e affascina, allontana e avvicina. Una regia impeccabile, che sopperisce ad alcune mancanze della sceneggiatura (alcuni punti del film non sono trattati a dovere, ma è pur sempre difficile riadattare un libro per il grande schermo), delle musiche stupende, opera del grande Danny Elfman (collaboratore storico di Tim Burton). Le creature ideate da Barker sono spaventose, ma il regista riesce a donargli fascino e carisma, metaforizzando in maniera sensuale le deformità della carne.
Il film è abbastanza violento, ma qual è la vera violenza, quella fisica o quella morale?


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