Il capolavoro assoluto dei fratelli Coen, vincitore di tre premi al Festival di Cannes (miglior film, miglior regia, miglior attore). Il film, ambientato negli anni ’40 racconta la storia di Barton Fink (John Turturro), uno scrittore di sceneggiature teatrali che a New York è riuscito a farsi un nome. Accettata la proposta di scrivere una sceneggiatura per un film di serie B sulla lotta libera, si trasferisce ad Hollywood il tempo necessario per completare il lavoro e decide di soggiornare in un albergo ormai decadente. Li conosce il suo vicino di stanza (John Goodman), che campa vendendo polize assicurative ed è tormentato da una fastidiosa infezione all’orecchio. Barton nella sua stanza d’albergo cercherà di scrivere la sua sceneggiatura, ma l’impresa risulterà difficile perché non riesce a trovare l’ispirazione.
Nato da una crisi creativa dei due fratelli, “Barton Fink” rappresenta la possibile interpretazione in chiave Coen dell'altrettanto famoso e bellissimo "8 e 1/2", di Federico Fellini.
Curato fino all’inverosimile in ogni dettaglio, sorretto da un John Turturro impressionante per espressività e pathos, questa storia affronta nella superficie il dramma del blocco creativo degli scrittori. Nel film in questione il blocco viene creato dal produttore cinematografico, che affida a Barton un soggetto non consono alle sue doti da scrittore. Ma questo è il mondo di Hollywood, e questo è il duro mondo degli sceneggiatori, costretti a scrivere molte volte di ciò che non gli interessa.
La Hollywood che ci viene presentata è un guazzabuglio di personaggi strampalati, e il nostro scrittore non trova conforto in nessuno di loro, anche perché non lo ascoltano. Sono tutti troppo indaffarati!
L’incontro con uno scrittore alcolizzato, rappresenta per Barton un monito sul suo futuro. Un uomo ormai annientato che passa il tempo a bere o a inveire nei confronti della sua segretaria; segretaria stessa che da qualche anno compila i libri a nome del povero bevitore.
E così che andrà a finire anche per lui? E’ questa la fine degli scrittori senza ispirazione? Barton sembra proprio non starci, e non perderà occasione per criticare gli atteggiamenti di quello che un tempo era un suo idolo.
L’unica persona che riuscirà a dare conforto al povero sceneggiatore è il suo vicino di stanza, un bonario assicuratore, il tipico uomo comune tanto amato dallo scrittore, che si vanta di scrivere del popolo. Il personaggio interpretato da Goodman rappresenta l’unico amico e verso la fine del film lo proteggerà e lo salverà quando la situazione si farà rovente (ma proprio rovente), diventando il suo angelo custode (o forse sarebbe meglio dire diavolo!).
L’albergo in cui vive Barton durante il suo soggiorno non è solo una cornice, ma è anch’esso un elemento funzionale alla storia, quasi avesse vita. Ombra di quello che un tempo doveva essere un hotel di lusso, passerella di gente che conta, ora è come un fantasma. Dai colori sbiaditi, pieno di inquilini che non si vedono mai, ma di cui le scarpe lasciate fuori dalla porta testimoniano la presenza. Quasi inquietante nei suoi lunghissimi corridoi, che ricordano quelli dell’Hoverlook Hotel di “Shining”. Un luogo fuori dal tempo, dove domina un caldo insopportabile che fa staccare la carta dalle pareti, invaso da zanzare (o meglio da una sola zanzara che tormenta il protagonista durante la notte), anche se in teoria ad Hollywood non ce ne sono, come conferma il produttore a Barton. Che non sia veramente un anticamera per l’inferno? Il portiere quando ci appare per la prima volta sale da un cunicolo sotterraneo, l’addetto all’ascensore non ha mai letto la Bibbia (ma ne ha sentito parlare), in ultimo, ad avvalorare questa tesi c’è l’inspiegabile incendio finale, raffigurato come una scia malefica che accompagna John Goodman e ne preannuncia l’arrivo. Forse il fuoco c’è sempre stato (questo spiegherebbe il grande caldo), forse quello è veramente l’inferno, l’inferno dello scrittore, Hollywood.
Ad animare la storia nel finale interviene anche un omicidio inspiegabile, la cui spiegazione non verrà mai data, ma solo lasciata intuire (e non è neanche detto che sia giusta).
Critica ad Hollywood? Crisi dello scrittore? Mondo del cinema impietoso? Tante sono le possibili interpretazioni di questo film, ma forse la vera soluzione a tutto si trova li, all’orizzonte di una costa sabbiosa, l’importante è solo riuscire a vederla!
Nato da una crisi creativa dei due fratelli, “Barton Fink” rappresenta la possibile interpretazione in chiave Coen dell'altrettanto famoso e bellissimo "8 e 1/2", di Federico Fellini.
Curato fino all’inverosimile in ogni dettaglio, sorretto da un John Turturro impressionante per espressività e pathos, questa storia affronta nella superficie il dramma del blocco creativo degli scrittori. Nel film in questione il blocco viene creato dal produttore cinematografico, che affida a Barton un soggetto non consono alle sue doti da scrittore. Ma questo è il mondo di Hollywood, e questo è il duro mondo degli sceneggiatori, costretti a scrivere molte volte di ciò che non gli interessa.
La Hollywood che ci viene presentata è un guazzabuglio di personaggi strampalati, e il nostro scrittore non trova conforto in nessuno di loro, anche perché non lo ascoltano. Sono tutti troppo indaffarati!
L’incontro con uno scrittore alcolizzato, rappresenta per Barton un monito sul suo futuro. Un uomo ormai annientato che passa il tempo a bere o a inveire nei confronti della sua segretaria; segretaria stessa che da qualche anno compila i libri a nome del povero bevitore.
E così che andrà a finire anche per lui? E’ questa la fine degli scrittori senza ispirazione? Barton sembra proprio non starci, e non perderà occasione per criticare gli atteggiamenti di quello che un tempo era un suo idolo.
L’unica persona che riuscirà a dare conforto al povero sceneggiatore è il suo vicino di stanza, un bonario assicuratore, il tipico uomo comune tanto amato dallo scrittore, che si vanta di scrivere del popolo. Il personaggio interpretato da Goodman rappresenta l’unico amico e verso la fine del film lo proteggerà e lo salverà quando la situazione si farà rovente (ma proprio rovente), diventando il suo angelo custode (o forse sarebbe meglio dire diavolo!).
L’albergo in cui vive Barton durante il suo soggiorno non è solo una cornice, ma è anch’esso un elemento funzionale alla storia, quasi avesse vita. Ombra di quello che un tempo doveva essere un hotel di lusso, passerella di gente che conta, ora è come un fantasma. Dai colori sbiaditi, pieno di inquilini che non si vedono mai, ma di cui le scarpe lasciate fuori dalla porta testimoniano la presenza. Quasi inquietante nei suoi lunghissimi corridoi, che ricordano quelli dell’Hoverlook Hotel di “Shining”. Un luogo fuori dal tempo, dove domina un caldo insopportabile che fa staccare la carta dalle pareti, invaso da zanzare (o meglio da una sola zanzara che tormenta il protagonista durante la notte), anche se in teoria ad Hollywood non ce ne sono, come conferma il produttore a Barton. Che non sia veramente un anticamera per l’inferno? Il portiere quando ci appare per la prima volta sale da un cunicolo sotterraneo, l’addetto all’ascensore non ha mai letto la Bibbia (ma ne ha sentito parlare), in ultimo, ad avvalorare questa tesi c’è l’inspiegabile incendio finale, raffigurato come una scia malefica che accompagna John Goodman e ne preannuncia l’arrivo. Forse il fuoco c’è sempre stato (questo spiegherebbe il grande caldo), forse quello è veramente l’inferno, l’inferno dello scrittore, Hollywood.
Ad animare la storia nel finale interviene anche un omicidio inspiegabile, la cui spiegazione non verrà mai data, ma solo lasciata intuire (e non è neanche detto che sia giusta).
Critica ad Hollywood? Crisi dello scrittore? Mondo del cinema impietoso? Tante sono le possibili interpretazioni di questo film, ma forse la vera soluzione a tutto si trova li, all’orizzonte di una costa sabbiosa, l’importante è solo riuscire a vederla!
2 commenti:
OTTIMA RECENSIONE!
grazie, ottima recensione e bellissimo blog ;) ciao!
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