mercoledì 13 marzo 2013

Just like a Woman, la recensione

Regia: Rachid Bouchareb
Cast: Sienna Miller, Golshifteh Farahani, Roschdy Zem, Usman Ally, Sayed Badreya, Tim Guinee, Bahar Soomekh
Durata: 1h 46m
Anno: 2013

Quello vissuto da Marilyn (Sienna Miller) non è stato decisamente un buon giorno. Nel giro di poche ore, infatti, ha perso il lavoro e scoperto che il marito, un parassita nullafacente, la tradisce. Le cose non vanno certo meglio a Mona (Golshifteh Farahani), che non riesce ad avere figli dall’uomo che ama e che si trova costantemente sotto il tiro delle angherie che le riserva la suocera. Le strade di queste donne sono destinate ad unirsi in un viaggio alla scoperta di loro stesse.


C’è un po’ di tutto all’interno di Just Like a Woman, ultima fatica del regista franco-algerino Rachid Bouchareb. Una storia “on the road” che per certi versi ricorda quella delle Thelma & Louise di Ridley Scott; una forte interiorità tutta al femminile che si fa portavoce di un sacrosanto e doveroso riscatto all’insegna del più puro “girl power”; la danza del ventre, che interviene come un leitmotiv lungo la storia; una riflessione neanche troppo sottile sul razzismo, il più delle volte scatenato dall’ignoranza o dalla semplice rabbia insensata; ma soprattutto c’è la profonda volontà di voler raccontare due universi (non solo) culturali molto diversi e al tempo stesso legati tra loro. Del resto si tratta, per ammissione dello stesso regista, del primo capitolo di una trilogia incentrata sul rapporto tra il mondo arabo e quello americano. Un punto di partenza decisamente complesso e difficile da gestire nella durata standard di un’ora e mezza, cosa che purtroppo si nota all’interno di questo lavoro.

Just Like a Woman è un film che principalmente risente della sua essenza, dimostrandosi troppo interessato ad esporre la sua tesi e poco curante della cosiddetta linearità narrativa. A farne le spese principalmente è la storia, che presenta passaggi logici forzati all’inverosimile e un’assenza quasi totale di ritmo che, nonostante la durata esigua, si avverte parecchio. Più volte durante la visione si ha come l’impressione che tutto ciò che accade sul grande schermo sia lì solo perché necessario, ma in un senso che va ben oltre il semplice racconto. Dialoghi e avvenimenti sono troppo spesso macchinosi e culminano in un’inutile, quanto gratuita, scena di razzismo ai danni della povera Sienna Miller, che all’interno di quest’avventura sembra decisamente fuori parte.

Un pizzico di spontaneità in più avrebbe sicuramente giovato a questa pellicola, che, sebbene animata da nobili intenti, riesce a raggiungere solo una minima parte dei suoi obiettivi, dimostrandosi un’occasione persa, destinata a durare il tempo della sua permanenza in sala.

Pubblicato su ScreenWEEK

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