domenica 4 novembre 2012

Les Éclats, la recensione

Regia: Sylvain George
Durata: 1h 24m
Anno: 2011

Vincitore del premio come Miglior Documentario alla 29esima edizione del Torino Film Festival, Les Éclats, terza parte di una trilogia dedicata al problema della migrazione in Francia che comprende L’impossible – Pages arrachées e Qu’ils reposent en révolte (des figures de guerre), è una sofferta rappresentazione di una realtà (ogni nazione fondamentalmente ha la sua) che troppo spesso preferiamo non vedere.


Rappresentato in un suggestivo e più che mai funzionale bianco e nero, Les Éclats ci presenta, appunto, dei frammenti di vita. Quella dei migranti di Calais, in attesa di saltare su di una nave con il sogno di raggiungere l’Inghilterra e costretti ogni giorno a confrontarsi con una realtà che definire dura sarebbe un eufemismo.
Nonostante sia poco conosciuto, il regista Sylvain George è a conti fatti uno dei maggiori esponenti del cinema indipendente (nel vero senso della parola) contemporaneo e questa pellicola ne è la dimostrazione.

La grigia realtà da lui rappresentata vive di una moltitudine di voci e silenzi, diventando testimonianza di un popolo che ha perso una sua identità ma non quella dignità insita in ognuno di noi. Tenendosi alla larga da qualsiasi sentimentalismo (che comunque interviene più volte durante la narrazione), Les Éclats ha il pregio di mostrarci persone coscienti del proprio destino e di una situazione che forse nessuno vuole cambiare (da questo punto di vista risulta emblematico il discorso fatto da un ragazzo Afghano a proposito della situazione del suo paese).

Parole che mettono in evidenza una consapevolezza che, a conti fatti, riesce a fare più male di ogni altra immagine ed è in grado di rendere quest’opera disturbante, proprio perché mette in discussione la nostra stessa natura.

Pubblicato su ScreenWEEK

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