giovedì 29 marzo 2012

Romanzo di una strage, la recensione

Regia: Marco Tullio Giordana
Cast: Valerio Mastandrea, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni, Pierfrancesco Favino, Luigi Lo Cascio, Giorgio Tirabassi, Giorgio Colangeli, Michela Cescon, Denis Fasolo, Giorgio Marchesi, Corrado Invernizzi, Thomas Trabacchi, Omero Antonutti, Diego Ribon, Francesco Salvi, Stefano Scandaletti, Fausto Russo Alesi, Andreapietro Anselmi, Sergio Solli
Durata: 2h 9m
Anno: 2012

Il 12 dicembre 1969, alle ore 16:37, una bomba esplode nella sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura. La deflagrazione provoca la morte di 17 persone, mentre altre 88 restano ferite. Le indagini di quella che sarà nota a tutti come “la strage di Piazza Fontanta” vengono affidate al commissario Luigi Calabresi, che da tempo ormai si occupa di tutti quegli avvenimenti che, in un periodo di forte instabilità nazionale, sono riconducibili ad alcune frange estremiste. Molte sono le persone chiamate in causa durante l’esame del caso. Tra queste c’è anche il ferroviere milanese Giuseppe Pinelli, noto alle forze dell’ordine per essere un attivista anarchico. 


La strage di Piazza Fontana e tutti quei nomi che, a ragione o meno, ne hanno fatto parte rappresentano uno dei più grandi (e soprattutto tragici) misteri della nostra storia. Più di quarant’anni sono passati da quella sera di dicembre e ancora si sente il bisogno di parlare di quanto è successo, per fare il punto della questione e giungere, come ogni volta, alla conclusione che i conti non tornano.
Lo sa bene Marco Tullio Giordana, che ha deciso di ripercorrere quelle giornate, cominciate con l’autunno caldo e concluse (per modo di dire) con due morti che ancora fanno discutere: quella dell’anarchico Giuseppe Pinelli e quella del commissario Luigi Calabresi.

Per fornirci la sua personale cronaca di una strage questo regista ha radunato un cast di volti (più che) noti del nostro cinema e li ha fatti muovere all’interno di una storia che, pur limitandosi a raccontare i fatti senza mai puntare apertamente il dito, riesce a colpire le giuste corde, mostrandoci due protagonisti, Giuseppe Pinelli (interpretato da Pierfrancesco Favino) e Luigi Calabresi (interpretato da Valerio Mastandrea), che, pur vivendo agli antipodi, sono in grado di incontrarsi in più di un’occasione, diventando le facce opposte di una tragica medaglia.
Inutile dire che quello che non è stato possibile comprendere all’epoca non si può certo svelare in questa occasione. Quella diretta da Marco Tullio Giordana non è un’opera d’accusa, perlomeno non come quella realizzata da Elio Petri e Gian Maria Volontè nel 1970 con i Documenti su Giuseppe Pinelli, ma è anche vero che è la semplice cronaca dei fatti a dimostrare quanto di poco chiaro ci fosse nelle testimonianze delle tre persone implicate nella morte dell’anarchico Pinelli e, più in generale, in tutta questa vicenda.

Le incongruenze appaiono da sole e sono più che lampanti nel momento stesso in cui questa storia ci viene mostrata così come è successa (o così come ci hanno raccontato). Tanto vale godere, visto che ormai è cosa rara, di un buon cinema, in grado di far riflettere e di regalare altissimi momenti.

Pubblicato su ScreenWEEK

1 commento:

Luciano ha detto...

In effetti Giordana ha avuto un gran coraggio a girare un film su un evento che ancora non è stato chiarito (nonostante l'archiaviazione del caso da parte della magistratura). Infatti non resta che godersi il film (e conto di farlo molto presto). A presto.

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