mercoledì 15 febbraio 2012

In Time, la recensione

Regia: Andrew Niccol 
Cast: Amanda Louise Seyfried, Justin Randall Timberlake, Cillian Murphy, Vincent Kartheiser, Olivia Jane Wilde, Johnny Mark Galecki, Alex Pettyfer, Matthew Staton Bomer 
Durata: 1h 49m 
Anno: 2011 

Nel futuro nessuno dovrà più fare i conti con il demone della vecchiaia. Gli uomini sono infatti riusciti a sconfiggere questa “piaga” facendo in modo che il nostro orologio biologico si fermi a 25 anni senza più andare avanti. Per un problema che se ne va ecco però che ne arriva un altro, decisamente più imponente: nessuno invecchia più, è vero, ma una volta raggiunto il traguardo dei 25 anni resta solo un anno di vita ed è necessario accumulare preziosi secondi che possano allungare il più possibile la fine di questo countdown. All’interno di un tale scenario il tempo è dunque diventato l’unica vera moneta, inseguita da tutti e, come sempre accade, fonte di profondi squilibri sociali che hanno diviso la popolazione in fasce di “reddito temporale”. C’è chi lavora tutto il giorno per garantirsi qualche giorno di vita e chi ha così tanti anni a disposizione da annoiarsi dell’esistenza stessa. 
Will Salas (Justin Timberlake) vive in un quartiere povero con la madre (Olivia Wilde) e cerca di tirare avanti come meglio può. Un giorno uno sconosciuto gli dona più di un secolo di vita. Un regalo inaspettato che lo trasforma nel giro di pochissimo tempo in un ricercato. Braccato dalle forze dell’ordine Will si trova costretto a rapire Sylvia Weis (Amanda Seyfried), figlia di un magnate, per mettersi in salvo. 


 Si dice che molto spesso siano le buone intuizioni a fare la differenza. Cosa vera ma fino ad un certo punto. Gli ottimi spunti sono sul serio in grado di rivelarsi fondamentali, è vero, ma questo a patto che vengano sfruttati nella maniera più consona. 
Prendiamo il caso di In Time, l’ultima pellicola diretta da Andrew Niccol. Ci troviamo di fronte ad un’idea di base indubbiamente affascinante e attuale, ma che purtroppo è stata sfruttata nel peggiore dei modi. Il risultato è una serie di lampi di genio sparsi qua e là lungo il cammino – primo fra tutti il fatto che, in un mondo all’interno del quale il tempo è stato fermato a 25 anni, non esiste più una distinzione netta tra giovani e anziani – che si perdono all’interno di una confezione che non sembra assolutamente interessata ad approfondire il suo altissimo potenziale. 
Allo stesso modo dei suoi protagonisti, In Time è un film che corre e nel farlo si limita solo a toccare la superficie delle cose, offrendoci l’avventura di due Bonnie e Clyde del futuro (un poco convincente Justin Timberlake e una Amanda Seyfried più interessata ad esibirsi in sguardi languidi che a recitare), che si incontrano, si uniscono e proseguono insieme la loro strada senza che ci sia un reale motivo o un minimo di approfondimento in grado di renderlo plausibile. 

Quello che rimane è la patinata rappresentazione di un mondo che, nonostante dotato di un marcato appeal, risulta interessante solo nella prima mezzora, dove viene detto tutto. Il resto serve a ben poco e vale ancora meno con il passare dei minuti.

Pubblicato su ScreenWEEK

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