Sarà meglio cominciare subito con una dichiarazione che forse non incontrerà il favore di tutti, ma che per il sottoscritto è fondamentale: The Social Network è, almeno per il momento, l’opera più matura di David Fincher.
Soffermandoci sugli ultimi lavori del regista possiamo infatti dire che non possiede quell’ambizione che ha fatto di Benjamin Button un film riuscito solo a metà, conservando l’autorialità del troppo sottovaluto Zodiac. Il risultato è un film che, ponendo le sue fondamenta su un tema ormai alla portata di tutti come il mondo dei social network (ormai più reale di qualsiasi altra dimensione concreta), riflette sull’isolamento che i cosiddetti “nuovi media” hanno contribuito a creare, fondendo il racconto biografico con la cupezza tipica dei migliori noir.
Il fatto che al centro di tutto ci sia la creazione di Facebook non deve stupire. Stiamo infatti parlando del secondo sito più visitato al mondo dopo Google, un vero e proprio fenomeno sociale che meriterebbe più di un’analisi (non solo cinematografica ovviamente), dato che nel giro di una manciata di anni è riuscito a diventare il protagonista assoluto non solo delle nostre vite, ma di tutto ciò che ne fa parte.
La pellicola diretta da David Fincher mostra nascita e sviluppo di questo network, in realtà molto poco sociale per il suo creatore Mark Zuckerberg (Jesse Eisenberg, bravissimo nella sua inespressività), un brillante studente di Harvard che in pochissimo tempo è diventato il più giovane miliardario del mondo, pagando però a caro prezzo ogni rapporto umano. Nel farlo cerca comunque di evitare ogni forma di giudizio, a tal punto che verrebbe da chiedersi perché i diretti interessati si siano scagliati contro alcune delle tematiche trattate nella storia, a detta loro molto distanti dalla realtà dei fatti.
Guardando il film non è infatti difficile credere che le cose siano realmente andate così e se c’è qualcosa di realmente esagerato, quello è sicuramente il conto in banca del protagonista. Ma in questo caso non si tratta di finzione cinematografica, è la pura e semplice verità.
Soffermandoci sugli ultimi lavori del regista possiamo infatti dire che non possiede quell’ambizione che ha fatto di Benjamin Button un film riuscito solo a metà, conservando l’autorialità del troppo sottovaluto Zodiac. Il risultato è un film che, ponendo le sue fondamenta su un tema ormai alla portata di tutti come il mondo dei social network (ormai più reale di qualsiasi altra dimensione concreta), riflette sull’isolamento che i cosiddetti “nuovi media” hanno contribuito a creare, fondendo il racconto biografico con la cupezza tipica dei migliori noir.
Il fatto che al centro di tutto ci sia la creazione di Facebook non deve stupire. Stiamo infatti parlando del secondo sito più visitato al mondo dopo Google, un vero e proprio fenomeno sociale che meriterebbe più di un’analisi (non solo cinematografica ovviamente), dato che nel giro di una manciata di anni è riuscito a diventare il protagonista assoluto non solo delle nostre vite, ma di tutto ciò che ne fa parte.
La pellicola diretta da David Fincher mostra nascita e sviluppo di questo network, in realtà molto poco sociale per il suo creatore Mark Zuckerberg (Jesse Eisenberg, bravissimo nella sua inespressività), un brillante studente di Harvard che in pochissimo tempo è diventato il più giovane miliardario del mondo, pagando però a caro prezzo ogni rapporto umano. Nel farlo cerca comunque di evitare ogni forma di giudizio, a tal punto che verrebbe da chiedersi perché i diretti interessati si siano scagliati contro alcune delle tematiche trattate nella storia, a detta loro molto distanti dalla realtà dei fatti.
Guardando il film non è infatti difficile credere che le cose siano realmente andate così e se c’è qualcosa di realmente esagerato, quello è sicuramente il conto in banca del protagonista. Ma in questo caso non si tratta di finzione cinematografica, è la pura e semplice verità.
Pubblicato su ScreenWEEK
4 commenti:
Penso che non lo vedrò per molto tempo. L'argomento dell'isolamento creato dai nuovi media è interessante, ma trovo il fatto di parlare del creatore del più grande social network ora esistente solo una scusa per attirare più pubblico visto che non capisco come possa essere interessante la vita di un 26enne che è appena all'inizio di una, mi auguro per lui, brillante carriera. Mi si vuole dire che è una persona distante, fredda e con problemi di comunicazione come moltissimi studenti di facolta informatiche americane? Non serviva Fincher per questo, molto meglio concentrarsi sulla questione trattata e non sulla biografia di Z. Quindi lo mettero in attesa perpetua di essere visto.
Bellissimo film. Il migliore che ho visto a Roma. Però di Fincher continuo a preferire opere come Seven, Fight club e Zodiac. Ciò non toglie che stiamo comunque parlando di grande cinema.
Ale55andra
Film godibile in cui si boccia poco e si applaude molto. Consigliato.
Mi sono ricreduto. Non mi aspettavo niente di che, ma in effetti è un ottimo film.
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