venerdì 24 settembre 2010

The Horde

The Horde (2009, regia Yannick Dahan, Benjamin Rocher)



Quattro poliziotti decidono di vendicare un amico assassinato da un gruppo di delinquenti rinchiusi in un edificio popolare abbandonato. La loro vendetta però si trasforma presto in un incubo. Intrappolati dal nemico, i quattro sembrano destinati a morte certa, quando accade l’impensabile: l’edificio viene preso d’assalto da un’orda di morti viventi. Ben presto il gruppo capisce che si tratta di un incubo che ha coinvolto tutto il mondo e dal quale sembra impossibile uscire. L’unico modo per sopravvivere è mettere ogni rancore da parte e coalizzarsi per trovare una via d’uscita da questa situazione disperata.

Meglio dirlo subito e senza troppi giri di parole: The Horde è veramente un ottimo film, e possiede tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult di genere. Un biglietto da visita niente male, visto il torpore che negli ultimi anni sembra aver avvolto la maggior parte delle produzioni horror e che sicuramente è servito a catalizzare l’attenzione degli appassionati sui giovani registi Yannick Dahan e Benjamin Rocher. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una pellicola che non aggiunge niente di nuovo ai cosiddetti zombie movie, è vero, ma ogni citazione (o rimando) presente nella storia è comunque azzeccata e ha il pregio di ricordare grandi nomi come John Carpenter, George Romero o i più recenti Danny Boyle e Robert Rodriguez, senza farli rimpiangere.

Il plot presenta i canoni classici delle storie d’assedio e vede un gruppo di nemici costretti ad unirsi loro malgrado per sconfiggere una minaccia maggiore. Uno spunto che permette alla sceneggiatura di evolversi continuamente, portando lo spettatore a puntare il dito ogni volta nei confronti di una persona diversa. Cosa che inevitabilmente rende la maggior parte dei personaggi allo stesso tempo buoni e cattivi. A questo bisogna unire una buona dose d’azione, in grado di offrire scene adrenaliniche che strizzano l’occhio al migliore hard boiled orientale.

Ci sarebbe da gioire nei confronti di questa nuova leva francese, che negli ultimi anni è riuscita a regalarci titoli interessanti come Martyrs o À l’intérieur (purtroppo ancora inedito in Italia), se non fosse per il fatto che quasi sicuramente, come è già successo in passato a Pascal Laugier e Alexandre Aja, questa coppia di registi finirà nelle grinfie delle grosse produzione hollywoodiane, che poco hanno da offrire se non i soliti blockbuster all’insegna del remake. Ma forse è meglio non pensarci ora.

Pubblicato su ScreenWEEK

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