venerdì 25 settembre 2009

La Mummia

La Mummia (1932, regia Karl Freund)



Oggi il nostro viaggio nei meandri infernali della Universal ci porta dritti nell’antico Egitto, al cospetto di Im-ho-tep – alias Boris Karloff – la mummia più famosa che il grande schermo ha potuto conoscere. Siamo nel 1932 e in America la maledizione di Tutankhamun diventa lo spunto di uno script nato per descrivere una storia completamente diversa.

The Mummy nasce dalle ceneri di una sceneggiatura incentrata sul personaggio di Cagliostro (la Universal era in cerca di un horror che potesse ricordare i loro titoli precedenti), rimaneggiata da John L. Balderston che, scherzi del destino, aveva scritto un articolo sull’apertura della tomba di Tutankhamun per il New York World. Il risultato è un film che, sulla scia del suo predecessore Dracula, racconta una storia d’amore scandita tra i secoli, e presenta un personaggio altrettanto affascinante. I punti in comune con la pellicola di Tod Browning sono molti, a cominciare dalla caratterizzazione dei protagonisti, non morti destinati a vagare nei secoli e in grado di plasmare la volontà umana a loro piacimento. Ma il collegamento più significativo è racchiuso nel nome di Karl Freund. Il regista, qui al suo esordio, aveva infatti curato la fotografia del film con Bela Lugosi (c’è chi dice che abbia contribuito più lui alla sua realizzazione che Browing).

Trovarsi di fronte a sua maestà Karloff (che nei poster figurava come “Karloff the Uncanny“: Karloff il misterioso, il soprannaturale) deve essere stato un vero onore e bisogna dire che Freund ha saputo incorniciare la sofferenza dell’attore in maniera perfetta. Un dolore al quale indubbiamente deve aver contribuito anche il trucco di Jack Pierce (più di otto ore per ottenere l’effetto desiderato), che non doveva essere certo facile da sopportare e soprattutto da togliere. Il risultato finale è una maschera tragica che riesce benissimo ad esprimere la tristezza accumulata durante i secoli.

Due specchi infranti”, questa è stata la definizione che Zita Johann, sua compagna sul set, ha dato degli occhi di Boris Karloff. Una descrizione perfetta, che vale più di mille parole.

Pubblicato su: The Wolfman

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non l'ho ancora visto ma quel fotogramma è veramente magnetico. Mitico Karloff.
Ale55andra

Luciano ha detto...

Grande film. Non ero a conoscenza dei retroscena. Grazie.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...