Questione di punti di vista.
Nel cinema le divagazioni sul tema del “cane pasticcione” sono parecchie.
Tom Hanks ne sa qualcosa. In una delle sue prime interpretazioni ha dovuto dividere lo schermo con un mastino (detective) difficile da tenere a bada, tale Hooch.
Se le indagini cinofile non dovessero bastare, come non citare le avventure (semi)musicali di Brian Levant e del suo cane San Bernardo Beethoven, impegnato a sommergere di bava ogni cosa gli capitasse tra i denti.
Ma come si diceva, è questione di punti di vista.
Io & Marley, quinta regia di David Frankel (dopo Il Diavolo Veste Prada), potrebbe infatti sembrare l’ennesima variazione sul tema, ma non è così.
Il cane c’è, pure bello grosso, e di disastri ne combina anche troppi.
Ma non è esclusivamente su di lui – o meglio sulle sue birichinate – che punta l’intera storia.
Marley & Me, ispirato all’omonimo romanzo autobiografico del giornalista americano John Grogan, parla di un uomo, del suo matrimonio, del suo lavoro (appunto giornalismo) e di una porzione di vita, scandita attraverso l’ingresso in famiglia – quasi fosse una palestra per un futuro bambino – di un piccolo cucciolo di Labrador.
Chi si aspetta risate a crepapelle rischia di rimanere irrimediabilmente deluso, vista l’alternanza di toni in alcuni punti parecchio drammatici.
La cosa veramente grave però non è la mancanza di umorismo, comunque necessaria, ma il tono piatto con cui l’intera vicenda è trattata e che irrimediabilmente trascina il film all’interno dell’affollato limbo delle “occasioni sprecate”.
In America la pellicola, uscita durante il periodo Natalizio, è parecchio piaciuta. Si stenta a capirne il motivo, anche perché i tempi morti della storia sono parecchi.
Rimane comunque il piacere di ammirare un attore nel pieno del suo splendore.
Non il pur bravo Owen Wilson, non la splendida Jennifer Aniston, ma proprio il quadrupede Marley, talmente espressivo da rasentare in più punti la commozione.
Se a fine visione dovesse scapparvi una frase tipo: “Quell’attore è un cane!”, non sentitevi in colpa.
Si tratta pur sempre della verità.
Nel cinema le divagazioni sul tema del “cane pasticcione” sono parecchie.
Tom Hanks ne sa qualcosa. In una delle sue prime interpretazioni ha dovuto dividere lo schermo con un mastino (detective) difficile da tenere a bada, tale Hooch.
Se le indagini cinofile non dovessero bastare, come non citare le avventure (semi)musicali di Brian Levant e del suo cane San Bernardo Beethoven, impegnato a sommergere di bava ogni cosa gli capitasse tra i denti.
Ma come si diceva, è questione di punti di vista.
Io & Marley, quinta regia di David Frankel (dopo Il Diavolo Veste Prada), potrebbe infatti sembrare l’ennesima variazione sul tema, ma non è così.
Il cane c’è, pure bello grosso, e di disastri ne combina anche troppi.
Ma non è esclusivamente su di lui – o meglio sulle sue birichinate – che punta l’intera storia.
Marley & Me, ispirato all’omonimo romanzo autobiografico del giornalista americano John Grogan, parla di un uomo, del suo matrimonio, del suo lavoro (appunto giornalismo) e di una porzione di vita, scandita attraverso l’ingresso in famiglia – quasi fosse una palestra per un futuro bambino – di un piccolo cucciolo di Labrador.
Chi si aspetta risate a crepapelle rischia di rimanere irrimediabilmente deluso, vista l’alternanza di toni in alcuni punti parecchio drammatici.
La cosa veramente grave però non è la mancanza di umorismo, comunque necessaria, ma il tono piatto con cui l’intera vicenda è trattata e che irrimediabilmente trascina il film all’interno dell’affollato limbo delle “occasioni sprecate”.
In America la pellicola, uscita durante il periodo Natalizio, è parecchio piaciuta. Si stenta a capirne il motivo, anche perché i tempi morti della storia sono parecchi.
Rimane comunque il piacere di ammirare un attore nel pieno del suo splendore.
Non il pur bravo Owen Wilson, non la splendida Jennifer Aniston, ma proprio il quadrupede Marley, talmente espressivo da rasentare in più punti la commozione.
Se a fine visione dovesse scapparvi una frase tipo: “Quell’attore è un cane!”, non sentitevi in colpa.
Si tratta pur sempre della verità.
Pubblicato su Livecity.it
10 commenti:
Ahah, ma come ti è venuto in mente di vedere sto film? Non si tratta di altisonante snobismo, solo che non mi sembra che questo sia un film per te, così come non lo è per me. Lo so, pur sempre di pregiudizi trattasi, però a volte è più forte di me e non riesco a combatterli...
sono film che più che altro vedo per la cosiddetta causa (nel senso che cerco sempre di vedere tutto)...
PS: e non sai che film mi sono visto dopo, quello ha stupito anche me! ;)
Sei un mito, non c'è niente da fare. Mi sento meno solo quando leggo le tue recensioni :P
(te lo avevo detto che ho visto il film delle Bratz?)
Adesso però ci devi svelare il secondo film! O almeno un indizio.
Ciao,
Lore
si balla Lore, si balla...;)
C'entra qualcosa una certa (sbav) Mary Elizabeth Winstead?
E' nella mia wishlist. Aspetto la recensione! :P
Ciao,
Lore
Sono sconvolta...
Davanti a questi film di solito mi addormento, ma non si sa mai. Magari lo daranno presto in TV e potrò ricredermi. Comunque le tue recensioni sono preziosissime perché un cinefilo dovrebbe vedere tutto.
In effetti l'ho trovato gradevole, il problema è che ho un gatto, lo so non è un cane ma ho pensato a lui per tutto il film :-)
ok...a me è piaciuto..e detto questo dovrei battere in ritirata..secondo me proprio a differenza degli altri dogfilm era ben strutturato..non era eccessivamente sbellicoso per la sola presenza del cane e nonostante un finale così non era eccessivamente smieloso...bello!
si, infatti non ne critico la struttura...secondo me ha troppi tempi morti.
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