Raccontare la trama di W., biopic sull’ormai ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush, è un po’ come cercare di riassumere la Passione di Cristo di Mel Gibson (anche se il paragone potrebbe far urlare al sacrilegio).
Nessuno ha paura di anticiparne il finale, o di parlare più del dovuto.
Ma è anche inutile.
Tutti infatti conoscono, bene o male, la storia americana degli ultimi otto anni e tutti hanno avuto occasione e tempo per poter formulare un giudizio personale sull’operato della persona che ne ha fatto parte.
Date questo premesse non dovrebbe essere difficile da intuire la piega che Oliver Stone, definito da molti (e a ragione) il regista più nazionalista e antiamericano degli ultimi anni, ha voluto dare al suo atteso, discusso ed enigmatico (anche se il mistero allude più che altro alla distribuzione italiana) film.
E’ qui che le aspettative vengono in parte deluse.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare infatti il più facile bersaglio dell’ultimo decennio, l’uomo più criticato e attaccato (non solo) dal grande e piccolo schermo, ha ricevuto attraverso l’obiettivo di Stone un trattamento quasi caritatevole, che ovviamente non si astiene dall’evidenziarne le giuste e doverose colpe.
Questo George W. Bush, incredibilmente interpretato da Josh Brolin, è un personaggio che fonde macchietta e documentario, che affronta il reale attraverso il filtro della rappresentazione fantastica (dimostrando di avere molti punti in comune – stilisticamente parlando – con il Divo Andreotti di Paolo Sorrentino).
Yankee fino al midollo, incapace di tenere le redini di uno stato toccatogli più che altro per smentire i pregiudizi paterni e in piena balia dei suoi consiglieri (un furbo Karl Rove, un mefistofelico Dick Cheney e un insicuro Colin Powell), ma soprattutto più umano che mai.
Sembra proprio che Stone infatti, abbandonando quasi del tutto ogni virtuosismo e limitandosi a pedinare insistentemente il suo protagonista, abbia voluto far trasparire l’inettitudine di un uomo senza per questo condannarlo, facendoci capire che l’errore di fondo non è stato suo ma dell’America che lo ha investito di una carica per la quale non era assolutamente preparato.
E’ questa principalmente la cosa che rende questa pellicola interessante.
Certo, non si può dire di trovarsi di fronte ad un capolavoro.
W. è un film che durante la visione riesce a provocare sensazioni discordanti.
Attrae e respinge, convince e delude, diverte e irrita, lasciando infine perplessi.
Ma in fondo il punto di vista Americano nei confronti del suo protagonista, visti anche i due mandati presidenziali che gli sono stati affidati, deve essere proprio stato questo, con la sola differenza che il tempo ha lasciato poco spazio alle perplessità.
Rimangono più che altro orribili certezze.
Nessuno ha paura di anticiparne il finale, o di parlare più del dovuto.
Ma è anche inutile.
Tutti infatti conoscono, bene o male, la storia americana degli ultimi otto anni e tutti hanno avuto occasione e tempo per poter formulare un giudizio personale sull’operato della persona che ne ha fatto parte.
Date questo premesse non dovrebbe essere difficile da intuire la piega che Oliver Stone, definito da molti (e a ragione) il regista più nazionalista e antiamericano degli ultimi anni, ha voluto dare al suo atteso, discusso ed enigmatico (anche se il mistero allude più che altro alla distribuzione italiana) film.
E’ qui che le aspettative vengono in parte deluse.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare infatti il più facile bersaglio dell’ultimo decennio, l’uomo più criticato e attaccato (non solo) dal grande e piccolo schermo, ha ricevuto attraverso l’obiettivo di Stone un trattamento quasi caritatevole, che ovviamente non si astiene dall’evidenziarne le giuste e doverose colpe.
Questo George W. Bush, incredibilmente interpretato da Josh Brolin, è un personaggio che fonde macchietta e documentario, che affronta il reale attraverso il filtro della rappresentazione fantastica (dimostrando di avere molti punti in comune – stilisticamente parlando – con il Divo Andreotti di Paolo Sorrentino).
Yankee fino al midollo, incapace di tenere le redini di uno stato toccatogli più che altro per smentire i pregiudizi paterni e in piena balia dei suoi consiglieri (un furbo Karl Rove, un mefistofelico Dick Cheney e un insicuro Colin Powell), ma soprattutto più umano che mai.
Sembra proprio che Stone infatti, abbandonando quasi del tutto ogni virtuosismo e limitandosi a pedinare insistentemente il suo protagonista, abbia voluto far trasparire l’inettitudine di un uomo senza per questo condannarlo, facendoci capire che l’errore di fondo non è stato suo ma dell’America che lo ha investito di una carica per la quale non era assolutamente preparato.
E’ questa principalmente la cosa che rende questa pellicola interessante.
Certo, non si può dire di trovarsi di fronte ad un capolavoro.
W. è un film che durante la visione riesce a provocare sensazioni discordanti.
Attrae e respinge, convince e delude, diverte e irrita, lasciando infine perplessi.
Ma in fondo il punto di vista Americano nei confronti del suo protagonista, visti anche i due mandati presidenziali che gli sono stati affidati, deve essere proprio stato questo, con la sola differenza che il tempo ha lasciato poco spazio alle perplessità.
Rimangono più che altro orribili certezze.
Pubblicato su Livecity.it
7 commenti:
Qualcuno - e sono d'accordo con lui - lo definiva un po' televisivo. I meriti del film, concordo, vanno soprattutto agli attori, Brolin in testa, davvero una mimesi impeccabile. Però il film non decolla molto secondo me. Una sufficienza stentata, un compitino un po' troppo risaputo, per una lettura in fondo ultracanonica di Bush jr (ormai la questione di leggere la sua presidenza come un lungo processo edipico - vero certo - ma sa un po' di usato).
però preferisco questo Stone più sobrio a quello indiavolato e un troppo didascalico di altri film.
sono curioso di vederlo in lingua originale, per apprezzare meglio il lavoro di Brolin.
Per il resto, è vero, uno Stone senza infamia e senza lode.
Ma certamente non da buttare.
Piena concordanza su tutta la linea. Sufficienza stentata come dice Noodles. Senza lode e senza infamia come dici tu. :)
A presto
eppure non so perchè ma ho voglia di rivederlo, nonostante non mi abbia convinto del tutto...
Secondo me fai bene a volerlo rivedere perche´nonostante tutto e´un buon film con ottimi attori e che non si schiera da nessuna delle due parti...come se lasciasse tutto in mano degli spettatori.. infondo e´ sempre una biografia romanzata spaventosa per punti di vista differenti da quelli che ci puo esporre un Moore
Infatti. Anche per questo lo rivedrò di sicuro. In lingua originale però, visto che il doppiaggio è alquanto deludente.
Il film non si schiera!!Ma Bush viene rappresentato come un buzzurro ignorante che prende decisioni delicatissime sul destino del mondo con la superficialità di un bambino!!
Detto questo tanto di cappello a questo film che è risultato al di sopra delle mie aspettative.
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