La vita del venticinquenne Dale Danton (Seth Rogen) è abbastanza tranquilla.
Un impiego sicuro (consegna mandati di comparizione per conto del tribunale), una fidanzata liceale e un vizio, quello della cannabis, dal quale proprio non riesce a liberarsi.
Un bel giorno Saul (un James Franco incredibilmente somigliante a John Leguizamo), il suo spacciatore di fiducia, gli offre in anteprima un nuovo tipo di erba, tale Pineapple Express.
La gioia è tanta che il giovane decide di far precedere l’ultima consegna della giornata da un attimo di relax.
E’ cosi che, comodamente seduto in macchina, al poverino capita di assistere ad un omicidio. Sconvolto per l’accaduto Dale scappa nella maniera meno silenziosa possibile, lasciando come traccia il mozzicone dello spinello consumato nell’attesa.
Facile riconoscere al suo interno la miracolosa Pineapple Express, altrettanto facile risalire a Saul, l’unico a venderla in città.
Braccati dai malviventi, ai due non resta che darsi alla fuga e vivere il loro personale Die Hard perennemente offuscati dai fumi della droga.
Pineapple Express non è un film facile da digerire, ma ha anche i suoi pregi.
Prima di tutto è un’ottima commedia, diversamente da quello che si potrebbe pensare.
La storia ha lo stesso spessore di una cartina da sigaretta (tanto per rimanere in tema), ma l’idea di aggiornare i canoni tipici della black commedy d’annata (titoli come Men at Work, per intenderci) con l’umorismo e il citazionismo del recente cinema di genere britannico funziona.
Lo script, incentrato quasi esclusivamente sugli improbabili discorsi dei due protagonisti, perennemente “strafatti” come dice il titolo, non è niente di originale o innovativo ma riesce comunque a mantenere un suo ritmo.
Purtroppo il modo in cui viene trattato l’argomento droga rappresenta uno possibile tallone d’Achille.
Una leggerezza necessaria ma facilmente fraintendibile, che gli è valso in patria diverse critiche e un bel “vietato ai minori”, e che sicuramente anche da noi non passerà inosservata.
Ma se si riesce a sorvolare su questo (in fin dei conti si è fatto di molto peggio) il film è più che godibile, soprattutto se paragonato alle pseudo commedie che in America si continuano a sfornare con ritmi da catena di montaggio.
La coppia Seth Rogen/James Franco funziona, e con l’aggiunta di Danny R. McBride (nei panni dell’indistruttibile Red, amico di Saul) può benissimo diventare un “Cult Trio”.
Un impiego sicuro (consegna mandati di comparizione per conto del tribunale), una fidanzata liceale e un vizio, quello della cannabis, dal quale proprio non riesce a liberarsi.
Un bel giorno Saul (un James Franco incredibilmente somigliante a John Leguizamo), il suo spacciatore di fiducia, gli offre in anteprima un nuovo tipo di erba, tale Pineapple Express.
La gioia è tanta che il giovane decide di far precedere l’ultima consegna della giornata da un attimo di relax.
E’ cosi che, comodamente seduto in macchina, al poverino capita di assistere ad un omicidio. Sconvolto per l’accaduto Dale scappa nella maniera meno silenziosa possibile, lasciando come traccia il mozzicone dello spinello consumato nell’attesa.
Facile riconoscere al suo interno la miracolosa Pineapple Express, altrettanto facile risalire a Saul, l’unico a venderla in città.
Braccati dai malviventi, ai due non resta che darsi alla fuga e vivere il loro personale Die Hard perennemente offuscati dai fumi della droga.
Pineapple Express non è un film facile da digerire, ma ha anche i suoi pregi.
Prima di tutto è un’ottima commedia, diversamente da quello che si potrebbe pensare.
La storia ha lo stesso spessore di una cartina da sigaretta (tanto per rimanere in tema), ma l’idea di aggiornare i canoni tipici della black commedy d’annata (titoli come Men at Work, per intenderci) con l’umorismo e il citazionismo del recente cinema di genere britannico funziona.
Lo script, incentrato quasi esclusivamente sugli improbabili discorsi dei due protagonisti, perennemente “strafatti” come dice il titolo, non è niente di originale o innovativo ma riesce comunque a mantenere un suo ritmo.
Purtroppo il modo in cui viene trattato l’argomento droga rappresenta uno possibile tallone d’Achille.
Una leggerezza necessaria ma facilmente fraintendibile, che gli è valso in patria diverse critiche e un bel “vietato ai minori”, e che sicuramente anche da noi non passerà inosservata.
Ma se si riesce a sorvolare su questo (in fin dei conti si è fatto di molto peggio) il film è più che godibile, soprattutto se paragonato alle pseudo commedie che in America si continuano a sfornare con ritmi da catena di montaggio.
La coppia Seth Rogen/James Franco funziona, e con l’aggiunta di Danny R. McBride (nei panni dell’indistruttibile Red, amico di Saul) può benissimo diventare un “Cult Trio”.
Pubblicato su Cineocchio
3 commenti:
Lo vedrò sicuramente.
Ale55andra
Mi hai molto incuriosito.
@ ale55andra & luciano: leggendo in giro l'accoglienza non è stata delle migliori, ma io mi sono divertito. Spero vi piaccia.
Posta un commento