martedì 25 novembre 2008

Control

Control (2007, regia Anton Corbijn)



Nell’Inghilterra di fine anni ’70 c’è un ragazzo che, cresciuto tra Sex pistols e David Bowie, sogna di diventare una rock star.
Bruciando le tappe e ritrovandosi poco più che ventenne con una moglie e una figlia, Ian Curtis, questo il nome del giovane, riesce nei suoi intenti.
Scelto il nome di Joy Division, alla band non resta altro che accogliere il meritato successo. Ma questo non sembra placare il dissidio interiore del povero Ian.

Quello che subito salta all’occhio di un film come Control, è quanto la sua essenza ricordi quella di un enorme booklet fotografico, scandito e “sfogliato” attraverso la composizione di scene autonome, in molti casi dotate di quel fermo immagine innaturale che sembra preannunciare il suono di un “click!”.
Non è un caso.
Alla regia infatti c’è Anton Corbijn, fotografo tra i più famosi del ventesimo secolo, autore dei più bei ritratti che la scena musicale può vantare, tra i quali figurano anche quelli dei Joy Division.
Dopo un’approfondita incursione nel mondo del video musicale, cosa che gli è valsa più di un riconoscimento (tra cui si ricorda una meritatissima vittoria agli MTV Awards con il video di Heart Shaped Box), il suo esordio nel lungometraggio, oltre che molto valido, è l’ennesima conferma di quanto la sensibilità fotografica ben si presti al grande schermo. Cosa che si rivela soprattutto attraverso la padronanza nel gestire gli ambienti, curando protagonisti e profilmico e rendendoli un unicum indivisibile.

Control è la storia di Ian Curtis, leader storico della band inglese, morto suicida a soli 23 anni.
Un biopic singolare se contiamo il fatto che, pur raccontando ascesa e caduta del cantante di una rock band, sembra voler relegare la componente musicale ai margini.
Tra brevi accenni alla vita del gruppo, scanditi da alcune delle più belle canzoni che i secondi anni ’70 hanno saputo offrirci, il film sembra infatti voler seguire una strada asettica, lontana dall’incomunicabilità del Kurt Cobain di Van Sant, ma al tempo stesso dotata di quella fatalità tragica del suo Last Days (se non altro perché anche in questo caso, contando il breve lasso di tempo passato tra nascita della band e tragico epilogo, si tratta di ultimi giorni).
Una via che, prediligendo le atmosfere interiori alla classica rappresentazione biografica, non è lontana da rischi, primo fra tutti quello della scarsa chiarezza narrativa.
Chi fosse veramente Ian Curtis, la storia di una delle band più significative del ventesimo secolo, e soprattutto quale il disagio che ha spinto il giovane frontman a compiere un gesto così estremo rimangono interrogativi vaghi, lasciati più che altro all’interpretazione personale dello spettatore.
Ma è anche vera un’altra cosa.
Una sola persona avrebbe potuto dare una risposta esauriente a queste domande.
Ma non c’è più.

Pubblicato su Livecity.it

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Dovrò optare per il dvd: da me neanche l'ombra!!!

FiliÞþØ ha detto...

poco male, penso che l'uscita sia prossima...

Anonimo ha detto...

Infatti mi auguro esca il dvd entro Natale! ^^

Comunque l'ho trovato bellissimo, un pò perchè i biopic mi piacciono (anche se è questo è decisamente sopra la media), ma soprattutto perchè venero Anton Corbijn! Un film decisamente coerente con la sua arte.

Anonimo ha detto...

quando vidi per la prima (e per ora unica) volta questo film...non avrei mai scommesso nulla sul suo arrivo in italia!

bel blog!

FiliÞþØ ha detto...

@ iggy: hai proprio ragione, ho pensato lo stesso anch'io.

@ zenn: purtroppo è stato distribuito con il contagocce.

Grazie per i complimenti...:)

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