Basta fare un po’ di mente locale per rendersi conto di quanto i presupposti su cui si basa Hancock siano veri.
Provate a ricordare lo scontro tra Spider Man e Octopus nel secondo capitolo (il migliore) della serie targata Sam Raimi, o la più recente “scaramuccia” tra il Batman “Nolaniano” e il suo speculare nemico Joker.
Il risultato di tali combattimenti non è certo cosa che si può risolvere con “una spolverata e una lavata”.
Centinaia, milioni di dollari che ogni volta le grandi metropoli devono sborsare per rimettere le cose a posto giusto quel tanto che basta a dare una parvenza di ordine, perché il cattivo è sempre dietro l’angolo.
Cos’è allora che ha salvato i supereroi da un pubblico linciaggio?
Semplice, il loro essere sempre e comunque dalla parte del cittadino. La consapevolezza che “un grande potere comporta grandi responsabilità”, il più delle volte esorcizzate cercando di provocare danni minimi e risultati ottimali.
Tutti ne guadagnano, primi fra tutti i contribuenti, protetti e debitamente tassati.
La situazione cambia se l’eroe di turno è un barbone, ubriacone, dai modi tutt’altro che gentili e poco cosciente dei suoi doveri.
I cittadini, stufi dei continui disastri, mal sopporteranno il forzuto bestione.
Lui, tra un sorso e l’altro di whisky, continuerà il suo ostinato menefreghismo.
Cosa, se non il marketing, può risollevare questa figura, ormai inflazionata, dagli abissi del gradimento?
Questa, bene o male, la storia di Hancock, film diretto da Peter Berg e prodotto (tra gli altri) da Michael Mann.
Il risultato è piuttosto altalenante e sembra seguire passo dopo passo l’evoluzione del suo stesso protagonista:
In principio cialtrone, a suo modo divertente e scorretto.
Con il passare del tempo sempre più convenzionale.
Decisamente poco, se contiamo il fatto che la pellicola in questione è una delle più chiacchierate e strombazzate degli ultimi mesi (proiezioni lagunari a parte).
Will Smith, che ultimamente gode di un’inspiegabile (almeno da queste parti) considerazione, conserva per tutta la durata della pellicola quella smorfia tipica di chi vive un dopo sbronza perenne.
Ma il suo supereroe, nel bene e nel male, non lascia alcun segno.
Tranne quelli sull’asfalto della prima (e sicuramente più godibile) parte del film.
Provate a ricordare lo scontro tra Spider Man e Octopus nel secondo capitolo (il migliore) della serie targata Sam Raimi, o la più recente “scaramuccia” tra il Batman “Nolaniano” e il suo speculare nemico Joker.
Il risultato di tali combattimenti non è certo cosa che si può risolvere con “una spolverata e una lavata”.
Centinaia, milioni di dollari che ogni volta le grandi metropoli devono sborsare per rimettere le cose a posto giusto quel tanto che basta a dare una parvenza di ordine, perché il cattivo è sempre dietro l’angolo.
Cos’è allora che ha salvato i supereroi da un pubblico linciaggio?
Semplice, il loro essere sempre e comunque dalla parte del cittadino. La consapevolezza che “un grande potere comporta grandi responsabilità”, il più delle volte esorcizzate cercando di provocare danni minimi e risultati ottimali.
Tutti ne guadagnano, primi fra tutti i contribuenti, protetti e debitamente tassati.
La situazione cambia se l’eroe di turno è un barbone, ubriacone, dai modi tutt’altro che gentili e poco cosciente dei suoi doveri.
I cittadini, stufi dei continui disastri, mal sopporteranno il forzuto bestione.
Lui, tra un sorso e l’altro di whisky, continuerà il suo ostinato menefreghismo.
Cosa, se non il marketing, può risollevare questa figura, ormai inflazionata, dagli abissi del gradimento?
Questa, bene o male, la storia di Hancock, film diretto da Peter Berg e prodotto (tra gli altri) da Michael Mann.
Il risultato è piuttosto altalenante e sembra seguire passo dopo passo l’evoluzione del suo stesso protagonista:
In principio cialtrone, a suo modo divertente e scorretto.
Con il passare del tempo sempre più convenzionale.
Decisamente poco, se contiamo il fatto che la pellicola in questione è una delle più chiacchierate e strombazzate degli ultimi mesi (proiezioni lagunari a parte).
Will Smith, che ultimamente gode di un’inspiegabile (almeno da queste parti) considerazione, conserva per tutta la durata della pellicola quella smorfia tipica di chi vive un dopo sbronza perenne.
Ma il suo supereroe, nel bene e nel male, non lascia alcun segno.
Tranne quelli sull’asfalto della prima (e sicuramente più godibile) parte del film.
7 commenti:
Non mi entusiasma troppo, ma credo di andarlo a vedere! Ti dirò ... Ciao, Ale
attendo le tue impressioni allora!
Io mi sono divertita ed era l'unica cosa che volevo e che cercavo. Ho evitato di irritarmi per tutto ciò che di irritante ci poteva essere e ho lasciato che il mio cervelletto da idiota, ebbene si c'è anche dell'idiozia in me, prendesse il sopravvento.
verissimo, la prima parte del film è assai piacevole, ma si perde per strada.
@ ale55andra: ben venga l'idiozia! Io è una vita che me la porto dietro!;)
@ mario scafidi: infatti. Ci sono scene nella prima parte (tipo il bambino spedito nello spazio) davvero esilaranti. Ma del secondo tempo salvo ben poco...
noiosetto e gli effetti speciali sono inferiori rispetto a quel che si vede da qualche anno.
è vero, ho pensato la stessa cosa anch'io...
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