All’interno di un’antica villa sperduta, intervallata dai flash di un incessante temporale, si svolge la storia di questo thriller, diventato guida di una futura generazione di cloni giunti fino ai giorni nostri.
“La scala a chiocciola” è un film che gioca d’astuzia con lo spettatore e ci riesce ancora, nonostante l’età. Merito di una superba regia, capace di coinvolgere e di inquietare, conducendoci all’interno di un perverso gioco dei sospetti, dove il simbolismo la fa da padrone e dove l’atmosfera è matematicamente scandita attraverso un sapiente uso di luci, ombre (richiami diretti al suggestivo cinema espressionista) e inquietanti dettagli.
All’interno del film, la vicenda di una giovane ragazza muta, minacciata dalla figura di un serial killer (prima che il termine venisse coniato) che uccide solo donne affette da handicap fisici.
Robert Siodmak gioca con i particolari. Facendosi aiutare da ciò che il buio può nascondere o evidenziare, crea uno stato di tensione latente.
L’occhio dell’assassino diventa un inquietante spiraglio di follia che, insieme alla sinistra figura di un uomo, avvolto nel suo impermeabile scuro, ricorrerà ciclicamente all’interno di una mai morta cinematografia di genere.
5 commenti:
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Eccola!:-))
Hai reso benissimo il film!Complimenti!
MrDAVIS
Grazie per i complimenti...
Ma soprattutto grazie ancora a te, per avermi fatto conoscere questo capolavoro...^^
Un'opera che ho amato tantissimo. Devo sempre decidermi a vedere un altro film di Siodmak... x il momento "La scala a chiocciola" è l'unico...
anch'io finora ho visto solo questo...
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