martedì 25 ottobre 2011

Le Avventure di Tintin – Gianfranco Goria parla del nuovo film di Spielberg

Come molti di voi sapranno, questa settimana Le avventure di Tintin: Il Segreto dell’Unicorno, la pellicola diretta da Steven Spielberg e prodotta da Peter Jackson, farà il suo ingresso nelle sale italiane. Il sottoscritto ha avuto l’onore e il piacere di intervistare, per conto di ScreenWEEK, Gianfranco Goria, fumettista, giornalista e grande conoscitore di questo personaggio… 


Durante questa piacevole chiacchierata si è parlato del film, che può vantare un cast degno delle migliori occasioni, con nomi del calibro di Jamie Bell (Tintin), Andy Serkis (Capitano Haddock), Daniel Craig (Rad Rackam) e Simon John Pegg e Nick Frost ( gli agenti Dupond & Dupond), ma anche della situazione del fumetto in Italia. Trovate il resoconto completo qui sotto. Su ScreenWEEK potete anche trovare alcune foto della premiere, che si è recentemente tenuta a Bruxelles. 


[Filippo Magnifico] Parlaci della tua passione per Tintin. Come è nata e cosa rende questo personaggio così particolare? 

[Gianfranco Goria] Quelli anzianotti come me (classe 1954) hanno potuto, da bambini, godere di una certa familiarità col fumetto di lingua francese, perché veniva pubblicato, nella già allora grande varietà di stili e generi, dal Corriere dei Piccoli – Corriere dei Ragazzi (e non solo). Io sono cresciuto con il vecchio Topolino degli anni cinquanta e sessanta, e col citato Corriere dei Piccoli. Su quei settimanali si è formato il mio piacere delle lettura e della lettura dei fumetti in particolare. Ma Tintin, no, lì non c’era. Non sapevo nemmeno che esistesse. Per puro caso, un giorno, ero con mia mamma alla Standa (supermercato del secolo scorso, che non vendeva fumetti). Per altrettanta coincidenza, in quel periodo, eccezionalmente, negli scaffali c’erano degli albi a fumetti. Vado subito a vedere e scopro qualcosa che non avevo mai visto: Tintin e lo Scettro di Ottokar. Rimasi immediatamente letteralmente affascinato dalla grafica di quel fumetto, così diversa dagli altri cui ero abituato. “Mamma, mamma, me lo compri?”, ella accontentò il suo bambino e cominciò così. La lettura di quel brossurato (probabile un invenduto del coraggioso editore Gandus) mi emozionò tantissimo. Col tempo cercai di trovarli tutti, naturalmente. E poi, più grande, volli approfondire la conoscenza, del personaggio e del suo autore. 

[F. M.] Pensi che quella di Tintin sia una figura ancora attuale? 

[G. G.] È un personaggio del secolo scorso, naturalmente. Per giunta Hergé scriveva storie per bambini e ragazzi col l’intento di raccontare loro il mondo contemporaneo. Da questo punto di vista si può solo dire che era un personaggio del proprio tempo, e lo è stato fino all’ultima storia. Se fosse andato avanti, avrebbe continuato a essere così: ancorato al mondo vero nel quale vivono i suoi lettori, offrendo loro avventura, sì, ma anche chiavi di lettura per capire “come stanno le cose” e, di conseguenza, modelli di comportamento. Il tutto sempre legato alla psicologia dell’autore, ovvio, in continua evoluzione. Il che spiega perché un personaggio positivo come Tintin proponga, in una degli ultimi episodi della serie, una visione più disincantata del mondo, mostrando che a un dittatore ne può seguire tranquillamente un altro e che, in quei casi, alla fine i poveri restano poveri e sfruttati. E, quindi, nonostante la sua contestualizzazione precisa nei periodi storici in cui le storie sono state scritte (o riscritte, a seconda dei casi), il suo essere “nel suo tempo” è quanto lo rende attuale oggi: leggerne le storie è, certo, un tuffo nel passato, nel secolo appena scorso del quale è stato prima testimone e, poi, anche attore che interviene per “cambiare” la storia, quanto meno la piccola parte di storia che riguarda le persone che poteva aiutare direttamente, ma è anche apprezzare un personaggio che insegna a stare coi piedi per terra, pur usando molta fantasia. L’attualità di Tintin, insomma, a mio parere, non sta tanto nei racconti (in cui si può trovare di tutto e usarli ancora oggi come riferimento per mille cose diverse), quanto nella dimostrazione che si può raccontare storie ai bambini restando seriamente “nel proprio tempo”. 

[F. M.] Parlando del lungometraggio (e in parte facendo riferimento alla precedente domanda), credi sia più giusto ritenerlo un’operazione per nostalgici oppure si tratta di una grande avventura in grado di accontentare ogni tipo di pubblico? 

[G. G.] Chiederlo a me può essere un problema, essendo io un appassionato (ma non acritico) conoscitore della serie. Non nego che una parte di “mausoleo dell’autore” (come il museo intitolato a Hergé), la si può trovare nel film, perché è evidentissimo l’intento di rendere un omaggio, e che omaggio, largheggiando parecchio! Tuttavia questo film si rivolge contemporaneamente a due tipi di spettatori. Quelli che conoscono Tintin e quelli che lo ignorano (ma ora possono scoprirlo andando in libreria a cercarne i fumetti). Per i primi questo film è un’esperienza meravigliosa, attesa a lungo. È carico di riferimenti, omaggi (tra cui quello, commovente, a Hergé in persona), chicche, dettagli (non solo dalla serie Tintin ma anche dai film di Spielberg, naturalmente). Tutti i fan che ho sentito (quelli che hanno già potuto vedere il film) ne sono entusiasti. È ovvio che è cosa totalmente diversa da un fumetto, e meno male: questo è cinema e così deve essere. Spielberg è riuscito a fare una cosa che pareva impossibile: passare dalla carta al video mantenendo lo spirito di fondo senza farne un involucro “vuoto”. Per chi non conosce Tintin, c’è il ritmo del racconto filmico che ti porta senza sosta dall’inizio alla fine. Apprezzare i personaggi viene da sé: sono ben costruiti e interpretati. Il capitano Haddock è formidabile, per dire. Milou poi è un vero protagonista! Quanto all’imprevisto cattivo di questo film (nel fumetto non è per niente un avversario di Tintin), anche qui si vede bene che c’è l’attore che recita e lo fa come si deve. Aspetto di vedere il film in italiano con la mia bambina per sentire il suo parere. Penso che possa avere le carte per piacere anche a chi non ne sapeva nulla. 


[F. M.] Il coinvolgimento di grandi personalità del cinema contemporaneo come Steven Spielberg e Peter Jackson ha aumentato notevolmente le aspettative dei fan nei confronti di quest’opera. Quali sono state le tue reazioni una volta appreso che il film era stato affidato a loro? 

[G. G.] “E vai!” Peraltro lo stesso Hergé non pensava ci fosse un altro, a parte Spielberg, che potesse fare davvero un buon lavoro con Tintin. 

[F. M.] Quali sono state le tue impressioni durante la visione del film? È stato rispettato lo spirito della storia originale? 

[G. G.] Senza parole. Ero senza parole. Sostanzialmente spiazzato. “Impressionante” è stata l’unica che mi è venuta (e che infatti ho scritto nel mio breve pezzo su afnews.info la notte stessa dell’anteprima). Travolto subito dai titoli di testa, bellissimi. Sconvolto (positivamente), subito dopo, dalla presenza “viva” di Hergé che con la sua caricatura al mercato delle pulci fatta al giovanotto (Tintin), lo traghetta in un attimo dal mondo della carta a quello del cinema, rendendo tutto nuovamente possibile da capo in un altro mondo. Il bello è che la storia non è stata affatto rispettata nella sceneggiatura. Anzi, le storie, giacché sono tre gli albi “mescolati” per fare questo primo episodio della trilogia cinematografica, vengono davvero smontate, rivoltate, reinventate. E meno male, che è stato così: Spielberg e soci hanno dimostrato che si può ancora scrivere con Tintin e i suoi amici. Di fatto questo è una sorta di venticinquesimo episodio della serie, alla faccia di chi diceva che non sarebbe stato possibile farne altri. Invece, eccolo lì. Non rispetta la trama del fumetto, quindi, e questo consente di trovare nuove strade narrative, che, però, e qui sta la meraviglia degli appassionati, sono perfettamente in linea con “lo spirito di Hergé”. E se si considera che per Spielberg, Tintin è stata una lettura da adulto, e non da bambino come è normale nella francofonia, il risultato è davvero notevole. 

[F. M.] Ritieni che la scelta di girare questa pellicola con l’ausilio del cosiddetto “motion capture” abbia giovato al film? 

[G. G.] Decisamente sì. Con attori in carne e ossa s’è fatto altro, nei tempi andati, con risultati appena gradevoli. Certo non si trattava di grandi registi, ma non è solo questo. È che Tintin è una figura mitica del ventesimo secolo: i lettori dei paesi, tanti, in cui le sue storie vengono lette da bambini e rilette da adulti, hanno un “sapore” particolare e una grafica che non rende per niente facile una trasposizione “in carne e ossa”. Si sarebbe trattato di trovare gli attori migliori per ogni singolo ruolo, ma senza tenere conto del loro corpo. Decisamente difficile. Con questa tecnica, invece, si può far recitare gli attori migliori e poi regalargli il corpo “giusto”. Si vede benissimo che sono attori bravi che recitano. I loro corpi sono naturalmente distanti dai personaggi a fumetti che interpretano. Per questo tipo di fumetto, dal tratto pulito ed essenziale, questa soluzione ha salvato capra e cavoli: i personaggi sono esteticamente “giusti” (pur se tridimensionali, ma, come si diceva, questo è cinema) e le interpretazioni sono del livello necessario a dar corpo a un “mito del novecento”. 

[F. M.] Come sicuramente saprai ci attendono altri due capitoli delle avventure cinematografiche di Tintin. C’è qualcosa di questo primo episodio che non ti ha convinto e che secondo te andrebbe evitata in futuro? 

[G. G.] Sto ancora cercando di metabolizzare l’esperienza! Lo andrò a rivedere tra qualche giorno con mia figlia, come dicevo, e metterò a fuoco il resto con meno emotività. Forse. 

[F. M.] Ultimamente all’interno del panorama cinematografico hollywoodiano i cosiddetti “cinecomic”, i film tratti da fumetti o graphic novel, sembrano andare per la maggiore. Qual è il tuo atteggiamento nei confronti di questa riscoperta? 

[G. G.] Trovo naturale che il cinema attinga a piene mani da quell’immenso deposito di creatività narrativa che è il mondo del fumetto. Lo si è sempre fatto. Così come i fumettisti attingono dal cinema, si capisce (lo stesso Hergé, nel suo Tintin, ha messo molto, molto del cinema che ha visto). Dal punto di vista degli autori mi pare una cosa normale, inevitabile e utile, che ci sia un flusso continuo tra un mezzo e l’altro, a stimolare nuova creatività. Capita, tuttavia, che a volte non ci sia una gran creatività, e allora… bè i risultati sono deludenti. Pazienza. Ma quando a fare queste cose sono persone di qualità… fa bene al cinema e fa bene al fumetto. Cioè, alla fine, fa bene a tutti noi. 


[F. M.] E in Italia? Com’è la situazione per quanto riguarda il mondo dei fumetti? 

[G. G.] Non facile. Ma non da ieri. Se la storia (culturale, ma non solo) del nostro Paese fosse stata simile a quel della Francia o del Belgio, le cose sarebbero ben diverse. Ma diversi fattori, in periodi diversi, hanno bloccato in particolare il fumetto per bambini (che la radice delle letture successive), stroncando così la possibilità di crescere ulteriormente. Certo, le edicole sono state piene di cose, in passato, e il buon Bonelli ha dato il suo fondamentale contributo a tenere in vita il fumetto d’avventura, per dire. Ma non è bastato a mantenere una tradizione di lettura (in specie per bambini) nel corso dei decenni del secolo scorso. Ora si trova tanto fumetto in libreria, e anche un sacco di buoni fumetti, ma, ad oggi, è quasi tutto rivolto agli adulti. Inesorabile che si creino nicchie molto piccole. A mio avviso (ma io sono anzianotto, come dicevo), solo se tornerà a esserci in Italia una gran quantità di fumetti per bambini, di gran qualità, e estremamente variegati, per stili, generi eccetera, si potrà avere un rilancio del piacere della lettura (dei fumetti). Non è facile per niente. Ma chissà, che, alla fine, a salvare il fumetto (per bambini, e quindi anche tutto il resto) non sarà il digitale, invece della carta? 

[F. M.] Concludiamo con una piccola curiosità: da grande appassionato quale sei, qual è stata la più grande “follia” che hai fatto per Tintin? 

[G. G.] Tintin è positivo, disponibile, curioso… ma coi piedi per terra. Può fare degli azzardi se è per aiutare qualcuno, ma non tanto per fare. Anche io, nel mio piccolo, non ho fatto vere follie. Va anche detto che non mai avuto abbastanza soldi in tasca da buttar via, per comprarmi tutte quelle splendide statuette in resina coi personaggi della serie (che si trovano in abbondanza a Bruxelles, per esempio) e che costano un’iraddiddio. La mia follia da tintinologo è, tutto sommato, solo quella di rileggere quelle 24 storie da una vita e di riempire casa con una infinità di saggi (et similia) sul personaggio e il suo autore, che escono da decenni e non finiscono mai, sempre rianalizzando l’opera a l’autore da ennesimi punti di vista, come se quest’opera di letteratura disegnata avesse sempre qualcosa da dire di nuovo, come si fa con Dante, tanto per dirne uno di quelli che sapeva raccontare… Forse questa è una follia, eh?.. ;-)

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