martedì 6 settembre 2011

Super 8, la recensione

Regia: J.J. Abrams 
Cast: Kyle Chandler, Elle Fanning, Ron Eldard, Noah Emmerich, Joel Courtney, Riley Griffiths, Zach Mills, Gabriel Basso, Amanda Michalka, Ryan Lee, Jessica Tuck, Joel McKinnon Miller 
Durata: 1h 52m 
Anno: 2011 

Verso la fine degli anni ’70 un gruppo di ragazzini che abita in una piccola cittadina dell’Ohio decide di realizzare un cortometraggio horror per partecipare ad un concorso. Una notte i giovani, tra cui il figlio del vice-sceriffo Joe Lamb (Joel Courtney), si incontrano di nascosto, all’insaputa dei loro genitori, per girare una scena, finendo loro malgrado per diventare testimoni di un catastrofico incidente ferroviario. Sarà solo l’inizio di una serie di avvenimenti misteriosi, che sconvolgeranno la tranquillità di quel posto e porteranno allo scoperto segreti tenuti nascosti fino a quel momento. 


In un periodo in cui i revival cinematografici sono all’ordine del giorno, ecco che arrivano J.J. Abrams e Steven Spielberg (qui in veste di produttore) a darci la loro personale rivisitazione di quello che, a conti fatti, è un cinema che sul serio non si fa più. Per farlo hanno radunato un cast di giovanissime speranze (alcune già affermate come Elle Fanning, sorella dell’ormai ex bambina prodigio Dakota) più o meno conosciute e l’hanno messo al servizio di una storia che, attingendo a piene da mani da una serie di titoli di culto legati a quel periodo a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio dei ’90, sembra essere stata studiata a tavolino per ricreare quelle sensazioni che ormai troppo spesso sembrano mancare all’interno dei blockbuster contemporanei: lo stupore, la commozione, l’avventura e, cosa ancora più importante, quell’aria sognante tipica di chi, pur consapevole dei propri intenti, non vuole prendersi troppo sul serio. 

Da questo punto di vista non si può negare il fatto che Super 8 sia una delle pellicole più furbe comparse sul grande schermo negli ultimi anni. La cosa non deve certo stupire visto il nome che l’ha firmata: J.J. Abrams, un uomo che nel corso della sua carriera è riuscito a dimostrare che il tanto vituperato marketing non solo può fare bene a tutto quel mondo che ruota attorno alla settimana arte, ma anche contribuire a dar vita a prodotti più che dignitosi. All’interno del mondo delineato da questo regista ogni cosa è perfetta e calcolata ad arte, a cominciare dal cast, che può vantare una gruppo di baby-star decisamente convincente, guidato da Elle Fanning, talmente brava da lasciare sconcertati. La storia, pur presentando alcune forzature, possiede inoltre il giusto ritmo ed è in grado di alternare i più diversi stati d’animo, culminando in un finale nostalgico che, nonostante dia l’impressione di essere troppo affrettato, è in grado di toccare il cuore sia dello spettatore più vecchio che di quello più giovane. A questo si aggiungono le splendide musiche composte da Michael Giacchino, che riescono a sottolineare i momenti più intensi di questa storia, donandogli maggiore pathos. 

Insomma, ci troviamo di fronte a quella che si può benissimo definire “la ricetta perfetta”. L’importante è arrivare in sala consapevoli di tutto questo e godersi lo spettacolo che un’opera del genere è in grado di offrire. Uno show che ovviamente non si limita solo all’ormai abusata “citazione cinematografica”. Quella a J.J. Abrams interessa, è vero, ma solo relativamente.

Pubblicato su ScreenWEEK

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