lunedì 26 ottobre 2009

Neorealismo

Tra Solidarietà e sete di Verità

Quello che non ci distrugge ci fortifica, siamo soliti dire così. Perché l’istinto di sopravvivenza è insito nell’animo umano, ci accompagna costantemente durante la nostra esistenza. Può anche capitare che un evento traumatico lo trasformi in solidarietà, facendolo diventare un comune motivo portante. In Italia, a ridosso del secondo Conflitto Mondiale, si è appunto sviluppato un modo di pensare comune, che ha coinvolto la settima arte in maniera determinante. Si tratta del cosiddetto Neorealismo, un “movimento” durato poco più di un decennio che ha visto coinvolte alcune delle personalità più importanti del panorama cinematografico del periodo.

Tutti uniti senza saperlo, spinti appunto da un desiderio comune. A cominciare da La Terra Trema di Luchino Visconti (considerata l’opera neorealista per eccellenza, priva di sceneggiatura, recitata in dialetto da attori non professionisti), per poi proseguire con Roma Città Aperta di Roberto Rossellini e Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica, il desiderio di riscatto ha iniziato lentamente a farsi sentire.

Storie corali, storie di gente comune, pronta ad unirsi per superare un periodo di forte crisi. Perché tutto è finito così presto? Si potrebbe dire che non appena nata la consapevolezza, il discorso teorico sull’argomento ne ha esaurito la spontaneità. Ma la verità è che forse, già a metà degli anni ’50, le cose da dire erano talmente tante da diventare addirittura scabrose. Lo dimostrano alcuni titoli nati lungo la fine del Neorealismo, Roma ore 11 di Giuseppe De Santis e Salvatore Giuliano di Francesco Rosi (il film che, a detta di molti, ha sancito la fine della corrente). Non solo la realtà della vita, ma anche la verità dei fatti è diventata soggetto d’analisi. Questo ha semplicemente portato all’evoluzione di un genere, come accade sempre con le cose naturali. E la verità, per alcuni, è sempre stata una cosa scomoda.

Pubblicato su: ithinkmagazine

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