sabato 23 giugno 2007

Quarto Potere

Quarto Potere (1941 , regia Orson Welles)




Quando Orson Welles entra negli studi della RKO, lo fa passando attraverso la porta principale, accolto come un genio, considerato un grande regista prima ancora di aver girato il suo primo film.
E’ la sua fama a precederlo. Conosciuto come un Enfant Prodige, a causa delle sue controverse trasposizioni teatrali e della scioccante messa in scena radiofonica de “La guerra dei mondi”, questo giovane e sicuro ragazzo dai mille talenti, comincia la composizione di un opera famosa prima ancora di uscire (avvalendosi peraltro della sicurezza del “Final Cut”), lasciando il mondo in attesa, conscio di aspettare il prodotto di un “Genio al lavoro”.
Ha 26 anni Orson Welles, quando consegna ai cinema Americani “Citizen Kane”, la stessa età in cui Ejzenstejn consegna al mondo il suo capolavoro millenario, “La Corazzata Potemkin”. Come la pellicola del regista sovietico, anche la sua è destinata a stravolgere i canoni cinematografici dell’epoca, procurandogli però una serie di grane non indifferenti.
Quando esce “Quarto Potere”, per la prima volta sulla scena appaiono i soffitti delle stanze, le inquadrature partono dal basso, i personaggi guardano nella telecamera, si torna ai tempi dell’espressionismo, dove la luce detta l’atmosfera e vengono stravolte tutte quelle regole facenti parte di severissimi codici cinematografici (quelli del Dècoupage e del “Codice Hays”).
Quando si osservano opere simili, non bisogna cadere nella faciloneria soggettiva dovuta all’abitudine nei confronti della cinematografia odierna.
Il primo film di Welles è in assoluto il primo film della storia del cinema a stravolgere i rapporti di linearità caratteristici del periodo.
Kane, cittadino americano, dai pochi scrupoli e dalla grande ambizione, è frutto della società del periodo. Figlio di un’America uscita dalla grande depressione degli anni ’30 e fermo sostenitore di quella politica egoistica che fa del “Self Made Man” la via di riscatto contro un’inaccettabile miseria. In “Quarto Potere” il sogno Americano è espresso con una spietata oggettività critica, come in una pazza montagna russa, dove ad una lenta salita, corrisponde un velocissimo declino.
La storia ha le caratteristiche del dramma. Assumendo una modalità circolare Welles ci narra la vita del solitario dominatore di un impero, salito a due gradini alla volta sulla vetta del mondo, pagando come pegno quello della impietosa solitudine.
All’interno del suo regno, quel magnifico mondo conosciuto con il nome di “Xanadu”, contorniato da mille specchi, da animali esotici, opere d’arte inestimabili, si spegne il magnate della stampa Charles Foster Kane, pronunciando un enigmatico nome.
Chi è “Rosebud” (da noi “Rosabella”)? Perché il suo ultimo pensiero è rivolto a lei (ammesso che sia una ragazza)?
E’ questo lo spunto di un film che si rivela incoerente per trama (prediligendo il reportage alla tradizionale narrazione). Il Quarto Potere, quello della stampa, a cui il defunto magnate ha dedicato gran parte della sua vita (e non in maniera ortodossa), si scaglia contro il suo stesso padrone. All’insegna della più spietata verità giornalistica, il film affronta la ricerca della becera notizia, destinata ad un pubblico in cerca di Gossip.
Un giornalista (rappresentato per tutta la durata del film in ombra, a dispetto della “correttezza” formale), si occupa dell’indagine. Ascoltando le persone più vicine al ricco defunto, cerca di comporre un enigmatico Puzzle, destinato a non avere conclusione (tranne che per lo spettatore).
Mai come in questo film si è dato peso alle qualità evocative (e narrative) dell’immagine. Il frame è esplicativo, grazie all’uso di tattiche sapienti quali il ritocco estenuante della pellicola (una vera e propria manipolazione) per esaltarne luci e contorni. Quasi un cartone animato che raggiunge la sua maggiore capacità esplicativa nell’uso straordinario della profondità di campo. L’inquadratura diventa così vignetta. Come nei fumetti abbiamo tre figure, su tre piani diversi, entrambe in primo piano. Accorciando la narrazione Welles crea collegamenti logici senza l’uso del montaggio, come nella scena del tentato suicidio di Susan. Abbiamo su piani differenti una boccetta di sonniferi, una donna su di un letto e, in fondo, una porta (che sappiamo chiusa, viste le urla che provengono dall’altra parte). Ecco, in una semplice inquadratura Welles è riuscito a spiegare un catastrofico evento.
In altri casi il montaggio è usato in maniera informale, come pretesto per narrare salti temporali essenziali alla narrazione, come nel caso del primo matrimonio di Kane. Il declino di una coppia ci viene mostrato tramite il susseguirsi di mattutine colazioni tra i due. Attraverso scarni dialoghi noi riusciamo a capire lo sfiorire di un amore, senza avere ulteriori informazioni sulla loro vita matrimoniale.
Paradossalmente il film non ha mai ottenuto il successo dovuto. Pur avendo esaltato gran parte della critica mondiale, si è rivelato un insuccesso di pubblico e ha rischiato la censura, il boicottaggio e decretato il declino di Welles. Considerato alla stregua di un personaggio pericoloso e scomodo, al regista non sarà più data la totale libertà ottenuta per realizzare il suo (primo) capolavoro.
Quando qualche anno dopo esce nelle sale americane “L’orgoglio degli Amberson”, l’opera risulterà una totale manipolazione dell’idea originale, tagliata e ricucita da una scrupolosa censura memore dei problemi passati.
Welles rinnegherà questo film.
Entrato alla RKO con l’accoglienza di un Re, ne uscirà sconfitto, dalla porta di dietro.

8 commenti:

rovistata ha detto...

come sei logorroico in questa recensione....! no scherzo è molto bella e poi hai spiegato tutto per filo e per segno...io però vorrei aggiungere solo una cosa.
la censura dell'epoca imponeva alcune regole importanti.. non è un caso che non ci sono mai scene di baci prolungati o scene un po' più ose', perchè la censura lo impediva, e per ciò si utilizzavano degli espedienti come il far vedere i 2 corpi che si baciano e poi staccare la scena. Questo mezzo preannuncia le intenzioni dei personaggi, ma senza mostrarli. nella scena del suicidio è stata fatta la stessa identica cosa. per l'epoca era impensabile mostrare una scena del genere, l'espediente utilizzato è quello del far intendere senza mostrarlo.
scusa per la preciszione, forse stupida, ma quando si parla di qualcosa che so mi piace "intromettermi".

Anonimo ha detto...

Leggerti è un piacere, complimenti!!!
MrDAVIS

FiliÞþØ ha detto...

@ rovistata: eh eh...anche tu in questo commento 6 stata particolarmente logorroica...;P
scherzi a parte il fatto delle scene di bacio lo sapevo...se non erro l'inquadratura aveva anche un tempo massimo...per il resto, figurati che secondo il famigerato codice Hays a parte l'omosessualità (del tutto bandita), non si potevano mostrare coppie sposate regolarmente, dormire nello stesso letto...

@ mrDAVIS: Grazie mille...:)

Anonimo ha detto...

Esatto!Dovevano entrambi avere un piede che toccasse il pavimento..Leggere tutte le disposizione del Codice è davvero "esilarante" ora: soprattutto nei riguardi della commedia.
MR.DAVIS

Gianmario ha detto...

Sara' che a me i film in bianco e nero son sempre piaciuti, ma Quarto Potere lo trovo perfetto dal primo all'ultimo minuto, ogni volta lo guardo come se fosse la prima volta, non succede spesso.

FiliÞþØ ha detto...

già, è lo stesso anche per me...ogni volta scopro qualche particolare nuovo...

Luciano ha detto...

Un altro ottimo approfondimento su un film che si può considerare il primo esempio di cinema moderno. La tua recensione invoglia a rivedere il film e lo rivedrei volentieri se non l'avessi visto tante di quelle volte...(però, quasi quasi...) Pensa, ho scoperto il film tramite Effetto notte di Truffaut dove il regista di "Vi presento Pamela" sogna di rubare da bambino le locandine e le foto di scena di Citizen Kane.

FiliÞþØ ha detto...

effetto notte purtroppo lo devo ancora vedere...
Sai che anche a me è tornata le voglia di rivedere quarto potere?
Quasi quasi anch'io...^^

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