“Mio padre mi diceva sempre prima di lasciare questo mondo di merda…”, così dice Marlboro Man al suo amico Harley Davidson. E anche se può sembrare una frase banale, frutto di cliché triti e ritriti, nel film che vede i due amici come protagonisti, assume un significato rituale (oltretutto le frasi che vengono dette dopo non sono affatto banali). Marlboro man è un cow boy, Harley Davidson un motociclista, due stereotipi fatti persona, che riescono però ad affascinare. Si sogna di noi stessi quando vediamo lo statuario Mickey Rourke in piedi davanti alla finestra con una sigaretta in mano, perché è ciò che tutti noi vorremmo essere almeno un giorno nella nostra vita. Un duro.
Ed è così che negli anni novanta si sono sviluppati personaggi concreti in mondi irreali, dotati di un carisma puro, merito anche degli attori che anno prestato il loro volto a tali ruoli.
Mi riferisco a John Mc Lane, protagonista della serie “Die Hard”, un duro a morire, l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Poliziotto dai modi rudi e sbrigativi, capace di mantenere la calma nelle situazioni più drammatiche e di trovare in tali situazioni spunti per battute laconiche che lasciano il segno (come si può non provare un brivido quando Bruce Willis fa cadere dal grattacielo il malvagio Hans Gruber, gridandogli “Hippy ya ye! Pezzo di merda!”, pura adrenalina). Gli anni novanta ci hanno donato personaggi apparentemente banali, ma non così troppo forse, dato che si tenta ancora di riproporli ( ma quei paciosi ragazzini che tanto vanno di moda oggi, non possono competere minimamente con gli attori di una volta, facce di ghiaccio come Rourke, Willis o Gibson).
Le atmosfere che c’erano in quei film, non riesco a trovarle da nessun’altra parte (dite quello che volete ma io non rinuncerei mai ad un “Arma Letale”, in cambio di quei finti duri patinati di un qualsiasi “Bad Boys”), c’è un limite al cliché e i nuovi registi lo superano altamente. Non voglio vedere poliziotti “ultrafighi”, che guidano macchine bellissime e vanno a party pieni di Pin-up in bikini, voglio uno straccione ubriaco, che dorme in macchina, odiato da tutti, compresa la sua stessa famiglia, ma pronto ad intervenire quando occorre, animato da un forte senso di giustizia, che va ben oltre lo stereotipato nazionalismo di orrendi telefilm come “Walker Texas Ranger” (un nanetto esibizionista che fa Karate).
E anche se scontato, banale, senza trama preferisco e rimpiango le atmosfere sognanti di “Harley Davidson e Marlboro Man”, perché, pur nelle sue mancanze, riesce a fare quello che la maggior parte dei moderni film d'azione non può, allietare un’ora e mezza facendoci fantasticare. Si perché su quella motocicletta ci sono anch’io, sono con loro in quel bar, a vederli giocare a biliardo. E posso stare su quel grattacielo, in quell’aeroporto, seduto su di un gabinetto esplosivo, ma non potrò mai stare su quella Porsche. E nemmeno voglio starci, perché alla scintillante Miami, preferisco le deserte strade Americane…
giovedì 12 aprile 2007
Sognando i veri duri
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1 commento:
Concordo in tutto e per tutto, che nostalgia, l'ho rivisto giusto ieri.
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