lunedì 29 novembre 2010

L'ultimo esorcismo

L'ultimo esorcismo (2010, regia Daniel Stamm)



Il reverendo Cotton Marcus è un uomo schiacciato dal peso della sua coscienza, che per anni ha truffato le persone disperate eseguendo finti esorcismi in cambio di denaro. Per questo ha deciso di filmare un documentario-confessione di quello che sarà il suo ultimo esorcismo, ma una volta arrivato alla fattoria di Louis Sweetzer, nella Lousiana, si ritrova a dover fare i conti con una cosa del tutto inaspettata: Nell, la figlia di Louis, non è infatti la solita fanatica religiosa affetta da disturbi psicologici…

Ormai è chiaro che quello tra cinema horror e mockumentary è un sodalizio ben definito, in grado anche di vantare una lunga tradizione. Certo, l’abuso che si è fatto dell’estetica documentaristica ne ha irrimediabilmente logorato il fascino, ma è praticamente impossibile negare il fatto che il “cinema verità” trova la maggior parte delle volte la sua dimensione ideale lì, dove si nasconde il terrore.
Da questo punto di vista L’ultimo Esorcismo non aggiunge certo nulla di nuovo alla miriade di titoli che compongono il cosiddetto filone “found footage”, presentando una storia caratterizzata da un accumulo di tensione in crescendo e limitando la dose di violenza, il più delle volte lasciata astutamente fuori campo (proprio perché le scene più terrificanti sono quelle che costruiamo noi stessi).
C’è però una cosa che riesce a distinguere il lungometraggio diretto da Daniel Stamm dal resto delle opere che fanno parte di questa corrente ed è il fatto di possedere un protagonista, il reverendo Cotton Marcus (interpretato da Patrick Fabian), che va al di là della classica figura del prete che ha perso la fede, diventando simbolo di un universo all’interno del quale anche quelle sfere della nostra esistenza considerate alte, come quella religiosa, devono rispondere alle regole dello show business.
La sua è quindi una vera e propria (ri)scoperta della fede, resa possibile dall’incontro con un demonio che ha i lineamenti delicati di Ashley Bell, perfetta e realmente inquietante nell’esprimere un turbamento sia psichico che spirituale.

Volendo dunque tirare le somme, ci troviamo di fronte ad un film che funziona, forse anche più di molti altri, senza però aggiungere nulla di nuovo al genere cui si riferisce. Chi è in cerca di momenti di puro terrore forse potrebbe rimanere deluso, visto che non sono moltissimi, ma la storia presenta un colpo di scena finale che, ricordando un altro titolo di culto (che non posso citare per ovvie ragioni), è in grado di ripagare l’attesa.

Pubblicato su ScreeenWEEK

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono alquanto curiosa, devo ammettere, anche se non mi aspetto il filmone.

Ale55andra

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